Nell’ultima relazione annuale dell’ANIA si fa riferimento all’accordo siglato il 16 maggio 2019 a Roma fra ANIA, Associazioni dei Consumatori e Associazioni nazionali del settore dell’autoriparazione sulle Linee Guida per la definizione di standard minimi per la riparazione dei veicoli.
Secondo quanto si legge “gli autoriparatori che hanno aderito a tale accordo si impegnano a non attivare il supporto di un legale, anche in presenza di una cessione del credito, al fine di ridurre i costi del risarcimento, di evitare un contenzioso superfluo e di migliorare i rapporti delle compagnie di assicurazione con i consumatori e gli artigiani”.
E’ noto il sentimento avverso che l’Ania nutre per la categoria degli avvocati, visti solo come una spesa aggiuntiva, da dover tagliare. Posizione sconfessata dalla Giurisprudenza che da sempre ritiene l’intervento del legale in una procedura risarcitoria essenziale garanzia di parità di posizione e di diritto di difesa, imponendo che il costo sia posto a carico dell’assicurazione stessa. Eppure la necessità dell’intervento degli avvocati non è determinato dalla classe forense ma unicamente dal colpevole atteggiamento di liquidazione assunto dalle compagnie che non risarciscono integralmente il danno.
Il prevedibile esito di tale procedura: una riduzione della qualità della riparazione (la compagnia paga quella minima e non quella integrale); una limitazione del risarcimento a carico delle compagnie (costo della riparazione minima ed assenza del rimborso alle spese di assistenza legale); la permanenza a carico del danneggiato (essendo la cessione del credito mai operata in forma liberatoria per il consumatore) dell’obbligo di pagamento della parte di fattura non ristorata dall’assicurazione.
In conclusione: le compagnie risparmiano, le carrozzerie continuano a guadagnare, il consumatore paga, l’avvocato resta muto e le Associazioni consumeristiche benedicono.
Amen