Nella prefazione al libro L’uomo che scambio sua moglie per un cappello il neurologo, Oliver Saks condensa la sua vocazione (che lo portò alla fama mondiale): “le anamnesi accennano al soggetto con formule sbrigative che potrebbero riferirsi ad un essere umano come a un ratto. Per riportare il soggetto che soffre, si avvilisce, lotta, al centro del quadro, dobbiamo approfondire la storia di un caso sino a farne una storia, un racconto..”.
Tale medesima urgenza, di riportare al centro dello studio la persona, deve avvertirsi nell’ambito della responsabilità civile, dove tra baremes medico legali (di algida asciuttezza) e valori tabellari da attribuire al corpo ed alla mente, l’umanità scolorisce in un calcolo asettico e sintetico.
Non siamo ragionieri, piuttosto giuristi che, con competenza e nel rispetto dei reciproci ruoli, si avvicinano al dolore di una persona. La migliore scienza medico legale e la più matura giurisprudenza si impegnano a sostituire un approccio superficiale e asettico con uno più descrittivo ed analitico, al fine di giungere alla personalizzazione del risarcimento ed in fin dei conti al principio di equità. Danno e persone sono sempre indissolubilmente legati, se scompare la persona inevitabilmente scompare il danno.