Partiamo da alcuni dati incontestabili. Il danno morale è differente ed autonomo dal danno biologico. Questo la Corte di Cassazione l’ha affermato fino alla nausea. Differenti sono infatti i beni che vengono lesi: la dignità nel primo caso, la salute nel secondo. Il danno morale viene descritto tradizionalmente come la sofferenza conseguente all’essere stato vittima di un reato. E’ difficile, anche solo ipotizzare, che una vittima di un reato non soffra, risultando indifferente a quello che gli è capitato. Per la relativa quantificazione, la tabella del Tribunale di Milano (applicabile per lesioni superiori al 9% di I.P.) prevede un punto composito (il cui valore è determinato dalla somma di quelli standard relativi all’aspetto biologico, morale ed esistenziale). La tabella ministeriale (applicabile per lesioni fino al 9% di I.P., determinate da sinistro in ambito rca o di responsabilità sanitaria) invece è una tabella pura, limitata al solo danno biologico. Se si vuole quindi risarcire il danno morale (nell’eccezione sopra data) per le c.d. micropermanenti si deve andare oltre la tabella. Ed anche questa è un’affermazione che per la sua fondatezza storica può essere considerata addirittura banale.
All’errato e cattivo costume di sostenere che, con la tabella delle c.d. micropermanenti, si risarcisca non solo il danno biologico ma anche quello morale, pare dare forza una recente brutta sentenza della Corte di Cassazione, la quale afferma che, tanto più esiguo è il danno biologico, tanto più il danno morale scompare in esso. E’ evidente la totale confusione dogmatica alla base di simile affermazione. Si forza infatti un’indebita relazione tra i due danni, in realtà completamente indipendenti. E’ curioso poi, leggendo l’intera sentenza, non ritrovare mai il termine reato (in questo caso lesioni colpose) che pure costituirebbe la ragione principale dell’esistenza del danno morale. Tutto pare invece slittare ad una dimensione non meglio specificata, così da rendere meno traumatico il negato risarcimento. La vittima perde così una seconda volta.
Certo la Corte di Cassazione avrà tempo di rimeditare il suo passaggio a vuoto, ma non sarà consapevole che è già partita la gran cassa delle assicurazioni che si sentiranno ancor più legittimati a considerare nuovamente defunto (come avevano a torto sostenuto dopo le sentenze di San Martino del 2008) il danno morale, risparmiando, e molto, sui risarcimenti invece dovuti.
Verrebbe da dire agli Ermellini, quanto esortava don Ferrante al suo cocchiere: “Adelante Pedro, cum iudicio! “