La FNOMCeO (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), in occasione della recente audizione, presso la Commissione del Ministero della Giustizia sulla colpa professionale medica, ha invocato un nuovo scudo penale (come già previsto durante la pandemia) stante “le particolari condizioni di lavoro derivanti dalla carenza di personale, nonché dalla scarsità dei mezzi a disposizione” che giustificano l’esonero dalla responsabilità dei professionisti sanitari in tutti quei casi di morte o lesioni, eventualmente provocate ai pazienti, diversi dalla colpa grave. Correttamente i medesimi medici precisano che i pazienti “potranno sempre rivolgersi al giudice civile per ottenere – in tempi più rapidi – il risarcimento dei danni, qualora si sentano danneggiati”.
L’espressa posizione è molto significativa. Viene infatti certificata, dagli operatori più qualificati del settore, una vera e propria situazione di “default” del servizio sanitario, apparentemente incapace di garantire la sicurezza delle cure a favore dei pazienti. Da qui la richiesta di irresponsabilità penale. A tale coraggiosa, quanto corretta, presa di posizione deve però corrispondere un radicale cambiamento della condotta dei medici, i quali (soprattutto nella sede processuale) devono finalmente differenziare la propria posizione da quella della struttura sanitaria e della compagnia di assicurazione. Tuttavia, nella pluralità dei casi, si registra al contrario un appiattimento della posizione difensiva dei sanitari, inspiegabilmente e passivamente “al traino” di chi -come da loro stessi riconosciuto- non sono più in grado di garantire le minime condizioni affinché i medici possano agire correttamente nell’esclusivo interesse dei pazienti.
Sono convinto che i medici sanno bene quando sbagliano ma continuano inspiegabilmente ad allearsi con coloro che hanno permesso che essi sbagliassero (struttura) o che, pur avendo pagato perché li garantissero economicamente, cercano di evitare l’adempimento (compagnia di assicurazione). Così si prestano a resistenze del tutto dilatorie ed ostruzionistiche, abbandonando e tradendo (per la seconda volta) il proprio paziente.
E che la struttura (e la loro compagnia di assicurazione) non sia il loro vero alleato è provato da una semplice circostanza: nelle cause promosse esclusivamente nei confronti della struttura (come almeno io faccio), è proprio quest’ultima a chiamare in causa il medico. Così paradossalmente non è il danneggiato a distrarre dalle cure il sanitario, ma la struttura che, carente nella realizzazione di una gestione efficiente, pretende alla fine di riversare tali suoi errori sul soggetto economicamente più debole, il medico appunto.