La Corte di Cassazione ha recentemente precisato che, nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli ed animali selvatici, non può ritenersi sufficiente -ai fini dell’applicabilità del criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2052 c.c.- la sola dimostrazione della presenza dell’animale sulla carreggiata e neanche che si sia verificato l’impatto tra l’animale ed il veicolo, in quanto, poiché al danneggiato spetta di provare che la condotta dell’animale sia stata la “causa” del danno e poiché, ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 1, in caso di incidenti stradali il conducente del veicolo è comunque onerato della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, quest’ultimo – per ottenere l’integrale risarcimento del danno che allega di aver subito – dovrà anche allegare e dimostrare l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possibile presenza di animali selvatici) e che la condotta dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui – nonostante ogni cautela – non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva.
Due precisazioni alla precisazioni degli Ermellini.
In primo luogo è evidente che la Corte di Cassazione pone la questione non per escludere il risarcimento tout court ma per ammettere un integrale risarcimento. Quindi ne consegue che in caso di mancata prova si dovrà riconoscere il concorso di responsabilità di cui all’art. 2054 c.c. Eppure è prevedibile che le varie compagnie di assicurazioni distorceranno l’insegnamento per rigettare sistematicamente il risarcimento.
Appare poi alquanto bizzarra la richiesta di dover provare il carattere dell’irrazionalità della condotta dell’animale, essendo caratteristica propria dell’animale di essere irrazionale, almeno secondo i canoni umani. Così la repentinità della condotta, tranne nel caso non si tratti dell’attraversamento di una tartaruga o di un bradipo (!). Credo che l’insegnamento della Suprema Corte abbia maggiore valore per quanto riguarda la condotta del conducente ovviamente da rapportarsi ad una preesistente e precisa segnalazione della presenza di animali, associata all’adozione seria e prudente di meccanismi di dissuasione all’intrusione.