Con ricorso proposto avanti la Corte di Cassazione la vittima di un incidente stradale aveva contestato la sentenza impugnata, nella parte in cui aveva escluso la personalizzazione del danno, affermandosi che non era stato allegata alcuna conseguenza particolare valida a giustificare quel tipo di risarcimento.
La ricorrente sosteneva invece che il danno, suscettibile di valutazione personalizzata, consisteva nella impossibilità di proseguire negli studi di danza, atteso che l’incidente aveva comportato danni al bacino, impedendone rotazioni particolari.
La Corte di Cassazione rileva che il precedente giudice ha tenuto correttamente conto del fatto indicato dalla ricorrente come peculiare pregiudizio in suo danno (perdita della possibilità di fare danza), ma ha ritenuto non sufficientemente allegata e provata tale circostanza, ossia ha ritenuto che alcuna allegazione e dimostrazione è stata offerta dalla ricorrente a provare che effettivamente faceva danza o altra attività pregiudicata dall’incidente. In sostanza, il giudice di merito aveva ritenuto che la circostanza che la vittima facesse danza, e che non poteva farla ulteriormente, non era stata allegata in modo sufficiente né tantomeno provata: si era trattato di una mera affermazione, non circostanziata né provata.
Tale decisione costituisce l’ulteriore riprova di come l’attività di rappresentazione di una voce di danno non può mai costituire un esercizio banale (mediante semplici e generiche affermazioni) ma si sostanzia in una condotta accurata e specifica. La conseguenza di un superficiale approccio è quello di vedersi respinta la domanda di risarcimento. Come nel caso trattato in questa sentenza