Nell’odierna edizione di La Repubblica si raccontano gli incontri, organizzate nel mezzo dei boschi lungo il Dnipro da una psicologa ucraina, tra le moglie dei soldati uccisi. In tali riunioni le vedove vengono invitate a pescare nella propria memoria le parole dei mariti uccisi (“il compito che avete oggi è il più difficile. Scrivete le parole dei vostri mariti su questi foglietti. Scrivete e portatele sempre con voi. Vi serviranno…“).
Nell’articolo si afferma: “le parole che ti ha detto, quelle importanti. Dopo una risata, dopo un pianto, sulla porta di casa come un arrivederci, o al telefono, da molto lontano, come una carezza. Dopo una litigata, dopo una confessione o dopo aver fatto l’amore. Le parole semplici che restano. Te le ha dette una volta, mille volte, ti facevano stare bene, alla fine le davi per scontate e adesso ti mancano come l’aria. E daresti tutto per sentirtele dire una volta ancora dall’uomo che non c’è più perché te l’hanno ucciso“.
Ed è proprio vero: sono le parole che un uomo dice nella propria vita a farlo unico e non un semplice numero di un campo di battaglia …o di un’aula di un tribunale.
https://www.repubblica.it/esteri/2023/09/27/news/soldati_ucraini_isola_delle_vedove-416038556/