La Corte di Cassazione ritorna sulla questione del danno morale in ipotesi di micropermanente affermando, da un lato, l’autonomia ontologica dello stesso, distinto quindi dal mero danno biologico, e la necessità, dall’altro, di procedere ad un risarcimento aggiuntivo rispetto ai valori standard previsti nella tabella ministeriale.
Ed invero con sentenza emessa lo scorso settembre, i giudici di legittimità “bacchettano” il giudice di appello che aveva rigettato la richiesta di risarcimento del danno morale ritenendo insufficiente la mera allegazione del disagio psicofisico (invero accertato nella CTU) nonché la possibilità di ritenerlo presuntivamente provato nella specie, affermando che la dedotta sofferenza costituirebbe una “normale” conseguenza del danno, e non già un pregiudizio di “speciale entità”, che solo avrebbe potuto consentire l’integrazione del punto base di cui all’arrt. 139, comma 3 C.d.A. a titolo di danno morale.
La Corte di Cassazione, riprendendo un proprio consolidato principio, precisa infatti che il danno morale consiste in uno stato d’animo di sofferenza interiore del tutto prescindente dalle vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato ed è insuscettibile di accertamento medico-legale, sicché, ove dedotto e provato, deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico. Così “non costituisce duplicazione la congiunta attribuzione del “danno biologico” e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, sostanziandosi nella sofferenza interiore (dolore dell’animo, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione, ecc.), sicché ove sia dedotta e provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale essi debbono formare oggetto di separata valutazione e liquidazione, anche nell’ambito del sistema delle micropermanenti”.
La Corte rammenta poi ai molti recalcitranti Giudici di Pace che la stessa Corte Costituzionale, con al sentenza n. 235 del 2014, ha sottolineato che: “la norma di cui all’art. 139 cod. ass. non è chiusa, come paventano i remittenti, alla risarcibilità anche del danno morale: ricorrendo in concreto i presupposti del quale, il giudice può avvalersi della possibilità di incremento dell’ammontare del danno biologico, secondo la previsione e nei limiti di cui alla disposizione del comma 3 (aumento del 20%)“.
Continueranno i Giudici a confondere le mele con le pere secondo quanto già -su queste pagine- si lamentava (https://studiolegalepalisi.com/2023/05/31/mele-pere-e-danno-morale/)