Il 12 novembre 2003 un camion cisterna pieno di esplosivo fu fatto esplodere da alcuni terroristi davanti all’ingresso della base italiana di Nassirya, provocando la morte di ventotto persone tra militari e civili. Nel 2019, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22516, ha confermato la responsabilità del Comandante della base militare, a fronte della sua posizione di garanzia a favore dei soggetti che si trovavano all’interno del compound. Nella sentenza si legge infatti che:
“La Corte territoriale ha individuato la regola cautelare cui l’agente modello, in forza della sua posizione specifica era tenuto a conformare il proprio comportamento e, quindi, ha reputato sussistente la condotta colposa dello S., evidenziando in particolare i profili di negligenza ed imprudenza ad esso ascrivibili, in particolar modo in riferimento alla “valutazione dei livelli di rischio” (per la “sussistenza di effettivo e crescente pericolo specifico, come imminente, almeno dall’ottobre 2003”) e alla “necessità di innalzare le misure di protezione passiva” della base (“mancanza di un’area di rispetto, inesistenza di una serpentina, troppo bassi e riempiti di ghiaia anziché di sabbia” o, in ogni caso, non aver provveduto a “temporanei posti di blocco” o alla “chiusura del ponte e della via”)“.
La Corte di Cassazione ribadisce quindi il principio di diritto secondo cui “la responsabilità civile personale dei funzionari e dipendenti dello Stato, nonché degli enti pubblici, ai sensi del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 23 (ossia che abbiano agito con dolo o colpa grave) non postula che l’ordinamento tolleri un comportamento lassista di costoro o li esponga alla responsabilità nei confronti dei terzi danneggiati solo in presenza di macroscopiche inosservanze dei doveri di ufficio o di abuso delle funzioni per il perseguimento di fini personali, giacché si ha colpa grave anche quando l’agente non faccia uso della diligenza, della perizia e della prudenza professionali esigibili in relazione al tipo di servizio pubblico o ufficio rivestito“.