La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26851 emessa lo scorso 19 settembre 2023, ritorna a precisare il principio, già precedentemente affermato, secondo il quale, quando sia certo che la condotta del medico abbia provocato l’anticipazione della morte del paziente, la morte stessa diviene l’evento da risarcire in quanto tale non potendosi parlare di semplice perdita di chance futura.
La Corte specifica che: “la perdita anticipata della vita per un tempo determinato a causa di un errore medico in relazione al segmento di vita non vissuta, è un danno risarcibile non per la vittima, ma per i suoi congiunti, quale che sia la durata del “segmento” di esistenza cui la vittima ha dovuto rinunciare“.
Tale danno si sostanzia nel pregiudizio subito dai congiunti di aver vissuto effettivamente un tempo minore con il proprio caro congiunto.
Altra cosa è la perdita della chance di sopravvivenza che si sostanzia nel dover rinunciare alla possibilità, seria apprezzabile e concreta ma comunque incerta nell’an e nel quantum, di vivere più a lungo, e ciò a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico.