In tema di pregiudizio derivante da perdita o lesione del rapporto parentale, il profilo del danno non patrimoniale subito dal prossimo congiunto è costituito dall’interiore sofferenza morale soggettiva e da quella riflessa sul piano dinamico-relazionale. Per apprezzare la gravità ed effettiva entità del danno, in considerazione dei concreti rapporti col congiunto, è ammesso ricorrere ad elementi presuntivi quali: la maggiore o minore prossimità del legame parentale, la qualità dei legami affettivi (anche se al di fuori di una configurazione formale), la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l’età delle parti ed ogni altra circostanza del caso. Tali aspetti costituiscono i criteri alla base della valutazione c.d. a punto adottata dalla Tabella del Tribunale di Milano
La giurisprudenza di legittimità dimostra la ferma convinzione che: “il danno derivante dalla sofferenza per la morte ex delicto del congiunto non è rigorosamente circoscritto ai familiari con lui conviventi al momento del decesso, che la cessazione della convivenza non è elemento indiziario a sorreggere da solo la congettura di un automatico allentamento della comunione spirituale tra congiunti (fratelli e sorelle), con conseguente riduzione della sofferenza dei superstiti a livelli immeritevoli di apprezzamento giuridico, che il rapporto di convivenza, pur costituendo elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, non assurge a connotato minimo di esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto, escludendoli automaticamente, in caso di insussistenza dello stesso“.
Parimenti la Corte di Cassazione afferma che: “il vincolo di sangue, non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo “esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini”