In ipotesi di investimento del pedone, è prioritario rilevare la modalità della combinata applicazione dell’art 2054 c.c., primo comma, e dell’art. 1227 c.c.. In particolare la Corte di Cassazione (cfr. Cass. Civ. 18 novembre 2014 n. 24472; Cass. Civ. 4 aprile 2017 n. 8663; Cass. Civ. 28 gennaio 2019 n. 2241; Cass. Civ. 28 febbraio 2020 n. 5627; Cass. Civ. 28 marzo 2022 n. 9856; Cass. Civ. 13 luglio 2023,n. 20137) ha affermato che l’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da un veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054 c.c., dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. A tal fine, neanche l’anomalia della condotta del pedone è sufficiente per concludere l’indagine, occorrendo la prova rigorosa che la stessa non sia stata ragionevolmente prevedibile e che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta.
E ciò in quanto l’art. 2054 cit. “pone una regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente, il quale deve dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno. Una tale prova liberatoria può essere fornita certamente allegando l’imprudenza del pedone, ma solo se questa si presenti come condotta imprevedibile“.
Così con una recente pronuncia del 25 gennaio scorso (cfr. sentenza n. n.2433) la Corte di Cassazione ha ribadito tale orientamento specificando che è sul conducente che: “grava un dovere di attenzione e di prudenza maggiore, non fosse altro che per l’evidente incomparabile differenza tra la pericolosità del mezzo meccanico e la situazione inerme del pedone“