La censura che veniva formulata alla Corte di Cassazione riguardava il presunto omesso esame di un fatto decisivo per la controversia oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alle risultanze della c.t.u. medico legale disposta dalla stessa Corte d’appello in riferimento alla determinazione e quantificazione del danno da sofferenza morale. Sostanzialmente, i ricorrenti denunciavano che la Corte d’appello, pur avendo disposto una nuova consulenza, non ne aveva poi tenuto alcun conto ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno morale puro.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5609 del 1 marzo 2024, nel rigettare il ricorso precisa che:
“le valutazioni del medico legale nominato consulente tecnico d’ufficio sono finalizzate a fornire al giudice gli elementi tecnici per poter adeguatamente valutare la sussistenza e la gravità di un determinato stato patologico ed individuarne la causa, nonché le conseguenze, temporanee e permanenti, sullo stato di salute della persona, come pure può essere devoluta al consulente medico legale, a seconda delle situazioni, la segnalazione della necessità per la vittima di utilizzare determinati presidi medici, il loro costo, la loro durata nel tempo, al fine della corretta quantificazione della voce di danno patrimoniale afferente alle spese mediche future. Non è invece devoluta al consulente medico legale e non costituisce oggetto della consulenza medico legale la quantificazione del danno non patrimoniale subito dalla vittima, che è attività riservata al giudice ed eseguita da questi in conformità ai criteri e ai parametri di legge. Pertanto, non è censurabile in cassazione per violazione di legge la decisione di appello in cui il giudice dell’impugnazione, nell’effettuare la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale riportato dalle vittime, dirette o riflesse, in conseguenza del pregiudizio alla salute subito da una persona, non si sia conformato alle indicazioni fornite in proposito dal consulente tecnico d’ufficio“.