La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 32 del 29 febbraio 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2952 c.c. nella parte in cui non prevede l’esclusione, dal termine di prescrizione biennale, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera la prescrizione decennale.
L’art. 2952 c.c. fa perno su due elementi: la durata biennale del termine di prescrizione e il termine di decorrenza identificato nel «fatto su cui il diritto si fonda».
Il dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione biennale è costituito da un parametro che, nel caso delle somme dovute dall’assicuratore all’assicurato o al beneficiario, si identifica negli eventi – la morte o la sopravvivenza alla data di scadenza del contratto – che consentono l’acquisizione del diritto maturato in virtù dell’assicurazione e, nel caso del terzo beneficiario, della designazione. Il carattere oggettivo del dies a quo nell’assicurazione sulla vita è affermazione pacifica e giustificata con l’esigenza, propria delle imprese assicurative, di avere certezza circa il momento in cui il diritto può essere fatto valere, onde poter approntare un’organizzazione tecnico-giuridica idonea a garantire il tempestivo pagamento delle somme spettanti agli assicurati.
La Corte rileva che l’abbinamento a tale dies a quo oggettivo, che rinviene una specifica motivazione nel sistema delle assicurazioni sulla vita, di un termine di prescrizione breve presenta, nel contesto delle polizze vita, profili di manifesta irragionevolezza.
Ed invero si afferma che: “da un lato, infatti, non si riscontra, rispetto ai diritti che derivano dall’assicurazione sulla vita, quella esigenza di un pronto accertamento del diritto che può giustificare una prescrizione breve. Da un altro lato, l’assicurazione sulla vita abbraccia fattispecie nelle quali il titolare del diritto al pagamento delle somme dovute dall’assicuratore è di frequente un terzo beneficiario, il quale ben potrebbe ignorare di essere titolare del diritto e, dunque, potrebbe risultare particolarmente pregiudicato da un termine di prescrizione breve“.
Sotto il primo profilo si evidenzia che nell’assicurazione sulla vita non ricorre la medesima necessità di rapida verifica del fatto costitutivo del diritto, che emerge nell’ambito dell’assicurazione contro i danni. Nel contesto di quest’ultima tipologia contrattuale, il diritto all’indennizzo in tanto spetta, in quanto siano accertati l’evento lesivo coperto dall’assicurazione, il nesso di causalità e i danni per i quali si richiede l’indennizzo. Maggiore è il tempo che trascorre, più potrebbe risultare difficile comprovare gli elementi costitutivi del diritto. L’assicurazione sulla vita non svolge però una funzione indennitaria rispetto al verificarsi di un sinistro, ma ha una prevalente funzione di risparmio previdenziale, correlata all’alea della durata della vita. Tramite l’accantonamento dei premi e il loro eventuale rendimento, infatti, il contratto offre una tranquillità economica all’assicurato o a terzi, al verificarsi di eventi della vita (dell’assicurato o di terzi), quali il decesso o la sopravvivenza alla scadenza del contratto.
A fronte, dunque, “di quella che è la prevalente funzione del contratto di assicurazione sulla vita, non si giustifica la previsione di un sì breve termine di prescrizione per acquisire somme che derivano dal meccanismo di accumulo del risparmio e che spettano al verificarsi di eventi – la morte o la sopravvivenza alla data di scadenza dell’assicurazione – che non implicano, in genere, alcuna complessità di accertamento. Se, pertanto, nell’assicurazione sulla vita non si rinvengono ragioni idonee a giustificare in sé la previsione di una prescrizione breve, la sua combinazione con un dies a quo oggettivo determina, nel contesto in esame, la manifesta irragionevolezza della prescrizione biennale. Nell’assicurazione sulla vita, infatti, è tutt’altro che remota l’eventualità che il titolare del diritto al pagamento delle somme dovute dall’assicuratore sia un terzo beneficiario e che egli sia ignaro di aver acquisito il diritto, non essendo a conoscenza della sua designazione. La pretesa che un tale diritto sia esercitato in tempi molto brevi si risolve, dunque, in una eccessiva difficoltà, se non in una impossibilità di farlo valere“.