Nella relazione consuntiva all’attività del 2023 della Corte Costituzionale, il prof. Augusto Barbera ha voluto formulare, per la ricorrenza della giornata (ieri) dedicata alle vittime del Covid, un pensiero alle vittime, richiamando per questo le decisioni (n. 14 e n. 16), emesse nel 2023 dalla medesima Corte, relative all’obbligo vaccinale per il personale sanitario, e quella (n. 15) relativa ai lavoratori impiegati in strutture residenziali socio-sanitarie e socio-assistenziali.
In queste pronunce, il Presidente ha precisato che: “sulla base di dati scientifici disponibili, e tenendo conto di quanto realizzato in altri ordinamenti omogenei a quello italiano, la Corte ha respinto non poche questioni di legittimità costituzionale ritenendo non irragionevole il bilanciamento operato dal legislatore fra le libertà individuali e il diritto fondamentale alla salute, definito dall’art. 32 della Costituzione anche come “interesse della collettività”.
In uno dei passaggi delle richiamate decisioni si apprezza fino in fondo il lavoro giuridico svolto dalla Corte sempre alla ricerca del migliore punto di equilibrio tra interessi costituzionalmente rilevanti.
Si legge infatti nella sentenza n. 14 del 9 febbraio 2023 che: Questa Corte ha affermato con chiarezza che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti o non accettati) con il coesistente diritto degli altri e quindi con l’interesse della collettività (sentenze n. 5 del 2018, n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).
Come efficacemente espresso nella sentenza n. 218 del 1994, la tutela della salute implica anche il «dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunità, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori, posti in essere anche nell’interesse della persona stessa, o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari».
Nell’ambito di questo contemperamento tra le due declinazioni, individuale e collettiva, del diritto alla salute, l’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione in quel principio di solidarietà che rappresenta «la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 75 del 1992).
È costante, nella giurisprudenza costituzionale, l’affermazione della centralità di tale principio, soprattutto in ambito sanitario, in considerazione del «rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività» (sentenza n. 307 del 1990): «in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno p[uò] essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico» (ancora sentenza n. 307 del 1990, richiamata anche dalla sentenza n. 107 del 2012)“