La Corte di Cassazione ha costantemente affermato, come fa anche nella sentenza n. 10376 del 17 aprile 2024, che, ai fini dell’integrale risarcimento del danno conseguente a fatto illecito, sono dovuti sia la rivalutazione della somma liquidata ai valori attuali, al fine di rendere effettiva la reintegrazione patrimoniale del danneggiato, che deve essere appunto adeguata al mutato valore del denaro nel momento in cui è emanata la pronuncia giudiziale finale, sia gli interessi compensativi sulla predetta somma, rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell’equivalente pecuniario del danno subito.
E’ stato sottolineato che gli interessi “compensativi” (o risarcitori), sono gli interessi dovuti dal debitore in caso di credito al risarcimento del danno extracontrattuale (che, in quanto illiquido, non consente la decorrenza degli interessi di pieno diritto) sulle somme liquidate a tale titolo, con decorrenza dalla maturazione del diritto, e cioè dal momento del fatto illecito, fino al passaggio in giudicato della sentenza che decide sulla loro liquidazione e ciò in funzione compensativa del pregiudizio subito dal creditore per il tardivo conseguimento della somma corrispondente all’equivalente pecuniario dei danni subiti, dei quali, quindi, costituiscono, al pari della rivalutazione monetaria, una componente, sempre che, beninteso, una domanda di liquidazione degli stessi sia stata formulata.
In ordine alla rivalutazione, la Corte di Cassazione nella sentenza citata ritiene però corretta la decisione del Giudice di merito di non procedere alla rivalutazione: “essendo stata quantificata “all’attualità” la somma dovuta a titolo di risarcimento (sicché non avrebbe avuto ragione d’essere la funzione di “reintegrazione” del valore del bene perduto, propria della rivalutazione)“
Però, come già segnalato in un precedente post (https://studiolegalepalisi.com/2023/07/02/impatto-dellinflazione-sul-risarcimento-del-danno/), può essere ancora considerata corretta l’abitudine dei Giudici di considerare attuali gli importi, contenuti nell’ultima tabella milanese, quando questa tabella oramai è “vecchia” di oltre anni e nel frattempo si è assistita ad un’impennata dell’inflazione di quasi il 20% (https://studiolegalepalisi.com/2023/10/27/le-assicurazioni-terranno-conto-dellinflazione-nei-risarcimenti/)? Continuare ad ignorare questo problema (fino alla nuova edizione della tabella di Milano) significa assistere impotenti allo svuotamento del principio di diritto affermato in astratto sull’obbligatorietà della rivalutazione che non viene in realtà applicato per la pigrizia dei Giudici che paiono non rendersi conto della vetustà dei valori tabellari associata ad un fenomeno inflattivo non sotto controllo.
Si può parlare ancora di integrale risarcimento quando in maniera così distratta non si riconosca un quinto di quanto ha diritto di ottenere il macroleso?