La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10367 del 17 aprile 2024, registrando la frequenza dei ricorsi in merito all’applicazione degli artt. 4 e 5 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55, in tema di liquidazione delle spese legali, ha ritenuto opportuno (a beneficio evidentemente degli avvocati) richiamare le regole fondamentali in materia. Dall’evoluzione normativa e dalla ricostruzione sistematica formula i seguenti principi:
a) l’avvocato che assiste più parti aventi la medesima posizione processuale ha diritto ad un solo compenso, ma maggiorato ex art. 4, comma 2, d.m. 55/14, anche quando le pretese dei suoi assistiti siano esattamente coincidenti; la difesa di più parti, infatti, anche nel caso di identità di pretese comporta pur sempre l’onere di raccogliere plurime procure, fornire plurime informazioni, compilare plurime anagrafiche, ecc.;
b) la suddetta maggiorazione è obbligatoria per le prestazioni professionali concluse dopo il 23.10.2023, facoltativa per quelle concluse prima;
c) quel che cambia tra l’ipotesi in cui vi sia identità, e quella in cui vi sia differenza tra le pretese dei vari assistiti, è la misura del compenso standard su cui applicare la maggiorazioni previste dall’art. 4, comma 2, d.m. 55/14;
d) se le pretese dei vari assistiti sono diverse, a base del calcolo va posto il compenso che si sarebbe dovuto comunque liquidare per una sola parte, maggiorato del 30% per i primi dieci clienti, e del 10% dall’undicesimo al trentesimo;
e) se le pretese dei vari assistiti sono identiche in fatto ed in diritto, a base del calcolo va posto il compenso che si sarebbe dovuto comunque liquidare per una sola parte, ridotto del 30%, e quindi maggiorato come indicato sopra, sub (c); tale ipotesi si identifica, come s’è detto, con la c.d. connessione impropria di cui all’art. 103, primo comma, inciso finale, c.p.c.;
g) sia ai fini dell’applicazione del comma 2 che del comma 4, il valore della causa da porre a base del calcolo sarà dato non dalla sommatoria delle domande, ma dal valore della domanda più elevata.