Come oramai ampiamente ripetuto nella recente giurisprudenza, nel risarcimento del danno del vincolo familiare, solo un sistema tabellare, fondato sul punto variabile, costituisce idonea garanzia della funzione per la quale esso è stata concepito, che è quella dell’uniformità e prevedibilità delle decisioni a salvaguardia del principio di eguaglianza.
La Corte di Cassazione, nella sentenza 23 aprile 2024 n. 10901, riconosce tuttavia la possibilità che, per l’eccezionalità del caso, il giudice possa procedere comunque alla liquidazione del danno senza fare ricorso ad una tabella basata sul “sistema a punti”, ma è necessario che lo stesso “fornisca al riguardo adeguata motivazione; ciò che varrà segnatamente allorquando si sia pervenuti ad una quantificazione del risarcimento che, alla luce delle circostanze del caso concreto, risulti inferiore a quella cui si sarebbe giunti utilizzando la tabella anzidetta o, comunque, risulti sproporzionata rispetto alla quantificazione cui l’adozione dei parametri tratti da tale tabella avrebbe consentito di pervenire“. Si afferma pertanto che, pur ritenendosi preferibile l’adozione di una tabella basata su un “sistema a punti” per le ragioni di prevedibilità e uniformità sopra evidenziate, il problema giuridico è piuttosto quello della concreta quantificazione del danno operata dal giudice alla luce di criteri adeguatamente esplicitati in motivazione.
E in tal senso soccorre il principio per cui la liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. “pura”, consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento.
Ne consegue che, allorché non siano indicate le ragioni dell’operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullità per difetto di motivazione (indebitamente ridotta al disotto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 della Cost.) sia nel vizio di violazione dell’art. 1226 c.c..