Il ritardato adempimento dell’obbligo di risarcimento impone -come confermato dalla recente sentenza dd. 22 aprile 2024 n. 10675 della Corte di Cassazione– il pagamento dell’equivalente monetario del bene perduto, espresso in moneta dell’epoca, cui aggiungersi la maturata rivalutazione ovvero con la liquidazione in moneta attuale. L’ulteriore danno, derivato dalla perduta possibilità di investire la somma dovutagli e ricavarne un lucro finanziario va liquidato dal giudice in via equitativa, anche, ma non solo, facendo ricorso ad un saggio di interessi (cd. interessi compensativi) non costituenti frutto civile dell’obbligazione principale, ma mera componente dell’unico danno da fatto illecito.
In tal caso, è onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata o liquidata in moneta attuale sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo.
Si ripresenta così l’annosa questione (https://studiolegalepalisi.com/2024/04/21/la-rivalutazione-e-gli-interessi-maturati-sullimporto-risarcitorio/), inspiegabilmente rimasta sotto traccia, nell’attuale dibattito, della palese violazione dei principi affermati, con l’escamatoge -soltanto linguistico- di considerare attuali i valori contenuti in una tabella (quella di Milano del 2021) che, a fronte dei recenti fenomeni inflattivi, si è svalutata di quasi un quinto .