I ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver basato il giudizio di responsabilità medica, a carico dei convenuti, su un fatto diverso rispetto sia a quello posto a fondamento della condanna del Tribunale, nonostante che le parti danneggiate non avessero dispiegato appello incidentale sul punto, sia a quello dedotto con l’originario atto di citazione (introducendo illegittimamente addebiti concernenti la fase post-operatoria).
La Corte di Cassazione, con sentenza 23 aprile 2024 n. 10901, non ravvisa nella sentenza impugnata alcun mutamento della domanda in ragione della presunta introduzione di una causa petendi diversa da quelle dedotta dagli attori, con conseguente violazione dei principi del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
La stessa infatti chiarisce che: “nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore del sanitario sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi che l’errore sia consistito anche nell’inadeguata assistenza postoperatoria (come nella specie). E ciò in quanto si deve considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine, nella sua essenzialità materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente allegate dall’attore, possano avere portata preclusiva, stante la inesigibilità della individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di una c.t.u.“.