Per la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, in caso di incompleta o mancante informazione sui trattamenti sanitari cui sottoporre il paziente, l’area dei danni risarcibili non si esaurisce nel pregiudizio recato alla integrità fisica del paziente, né nella perdita di “chance” di guarigione, ma include la perdita di un “ventaglio” di opzioni con le quali scegliere come affrontare l’ultimo tratto del proprio percorso di vita e della necessaria consapevolezza attraverso la quale maturare l’accettazione della propria condizione e gestire i propri rapporti personali con piena cognizione delle proprie condizioni fisiche e delle proprie prospettive future. La perdita del diritto alla autodeterminazione costituisce pertanto la lesione di un bene di per sé autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale, che giustifica una condanna al risarcimento del danno sulla base di una liquidazione equitativa.
Propio ai fini di fornire validi parametri di riferimento per una valutazione equitativa del danno da violazione del diritto all’autodeterminazione, la Corte di Cassazione, con la sentenza 26 gennaio 2024 n. 2539, ha rammentato che: “l’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano ha dal 2021 integrato le tabelle da esso predisposte per la liquidazione del danno non patrimoniale, inserendo all’interno in esse anche un ausilio alla liquidazione equitativa dell’ipotesi specifica di danno non patrimoniale da lesione del consenso informato, delineando una scala di gravità delle ipotesi, articolata in quattro gradini (a seconda della gravità dei postumi, della condizione del paziente, delle caratteristiche dell’intervento e della carenza informativa), il più grave dei quali fa riferimento ai danni di eccezionale gravità, proponendo per esso una liquidazione oltre i 20.000 Euro. Le tabelle di Milano, estremamente utili agli operatori anche in relazione al risarcimento del danno da violazione del consenso nell’offrire criteri orientativi di quantificazione basati sulla elaborazione di una ampia campionatura di decisioni, non hanno valore normativo. Costituiscono un riferimento opportuno, ai fini di evitare il rischio di una valutazione arbitraria da parte del giudice, ma non assolutamente vincolante al rispetto degli importi ivi indicati. Costituirebbe violazione di legge una valutazione equitativa scissa dalla indicazione di ogni parametro di riferimento, perché arbitraria. Potrebbe andare incontro ad una valida censura di illogicità della motivazione una decisione che indichi un parametro quali le tabelle milanesi discostandosene poi completamente e senza adeguata motivazione, ovvero se il richiamo alle tabelle fosse meramente formale, avendo il giudice solo formalmente affermato di aver applicato queste o altre tabelle per poi raggiungere una quantificazione del tutto difforme dal ventaglio di risultati raggiungibile sulla base di esse senza alcuna logica motivazione“.