In merito ad un errore diagnostico circa la malformazione del feto, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12000 del 3 maggio 2024, censura la valutazione dei danni, operata dal giudice di merito, avendola limitata esclusivamente alla compromissione della volontà d’interrompere la gravidanza (negandone peraltro la sussistenza) con esclusione di ogni altro profilo.
A tale effetto la Corte precisa che: “i danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all’autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche agli altri che siano connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita, quali, ad esempio, il ricorso, per tempo, a una psicoterapia o quanto meno la tempestiva organizzazione della vita in modo compatibile con le future esigenze di cura del figlio“. Per far ciò richiama un precedente suo arresto che aveva cassato la decisione con cui il giudice di merito, nel rigettare la domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla omessa rilevazione e comunicazione della malformazione del feto, aveva pronunziato esclusivamente in ordine ai danni da mancata interruzione della gravidanza (per carenza di prova riguardo alla volontà della donna di non portare a termine la stessa) omettendo del tutto di valutare gli altri e diversi danni e le relative conseguenze, nella specie indicate nell’impossibilità di prepararsi, come genitori, psicologicamente e materialmente alla nascita di un figlio malformato (cfr. Cass. Civ. 25 giugno 2019 n. 16892))
La Corte conclude pertanto che che “il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l’obbligo d’informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell’esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti. … Ad una corretta informazione consegue la facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze dell’intervento, ove queste risultino, sul piano postoperatorio riabilitativo, particolarmente gravose e foriere di sofferenze prevedibili quanto inaspettate per il paziente a causa dell’omessa informazione“;
A scanso di ogni equivoco viene infine rammentata la posizione delle Sezioni Unite per le quali “il nato disabile non può agire per il risarcimento del danno, neppure sotto il profilo dell’interesse ad avere un ambiente familiare preparato ad accoglierlo, giacché l’ordinamento non conosce il “diritto a non nascere se non sano”, né la vita del bambino può integrare un danno-conseguenza dell’illecito omissivo del medico“