La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12456 del 7 maggio 2024, afferma che: “qualora i terzi subiscano danni da una cosa di proprietà in possesso (o nella custodia) di un determinato soggetto, interessata da un contratto di appalto di lavori, il danneggiato, al fine di conseguire il risarcimento dal proprietario o dal possessore della cosa, deve provare soltanto il nesso causale tra il danno e la cosa custodita dal proprietario o possessore, committente i lavori; mentre quest’ultimo, per esonerarsi dalla propria responsabilità di custodia della cosa ai sensi dell’art. 2051 c.c., deve provare di aver scelto un appaltatore adeguato, di avergli fornito direttive adeguate al fine di consentirgli di svolgere i lavori edili appaltati in piena autonomia e di aver esercitato suoi poteri di controllo e vigilanza sullo stesso con la necessaria diligenza, di modo che il danno possa ritenersi causato da una condotta dell’appaltatore non prevedibile e/o evitabile, riconducibile pertanto in un’ipotesi di caso fortuito costituito dalla condotta di quest’ultimo“
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la responsabilità per danni ai terzi procurati nel corso dell’esecuzione di lavori conferiti in appalto è disciplinata da tre fondamentali regole:
a) l’appaltatore è responsabile in via esclusiva dei danni verso il terzo ogni qual volta questi abbia svolto in piena autonomia la sua attività;
b) rispondono in concorso sia l’appaltatore che il committente nel caso in cui sia dimostrato che il committente si è ingerito con specifiche direttive che hanno limitato, anche se non escluso, l’autonomia dell’appaltatore;
c) risponde soltanto il committente: sia nel caso in cui questi abbia deciso di avvalersi di impresa palesemente inadeguata a svolgere l’attività affidata; sia nel caso in cui si sia ingerito nell’attività dell’appaltatore con direttive così specifiche da escludere l’autonomia dell’appaltatore (rendendolo un nudus minister).
Si è però distinta l’ipotesi in cui i danni siano stati causati a terzi dall’attività svolta dall’appaltatore dal caso in cui i danni siano stati causati a terzi direttamente dalla cosa, oggetto dell’appalto, sempre in costanza di esecuzione di quest’ultimo. Precisamente, nel caso in cui i danni siano stati causati a terzi dall’attività dell’appaltatore, viene in rilievo la regola di responsabilità per colpa, posta dall’art. 2043 c.c., e dei danni causati a terzi risponde di regola esclusivamente l’appaltatore (in quanto la sua autonomia impedisce di applicare l’art. 2049 c.c. al committente), fatta salva l’ipotesi in cui il danneggiato provi una concreta ingerenza del committente nell’attività dell’appaltatore e/o la violazione di specifici obblighi di vigilanza e controllo, gravanti sul committente (ipotesi nella quale è configurabile la responsabilità del committente, concorrente o esclusiva rispetto a quella dell’appaltatore).
Al contrario, nel caso in cui i danni siano stati causati a terzi dalla cosa oggetto di appalto, viene in rilievo la regola di responsabilità posta dall’art. 2051 c.c. e dei danni cagionati ai terzi risponde di regola anche il committente (in quanto l’appalto e l’autonomia dell’appaltatore non escludono la permanenza della qualità di custode della cosa da parte del committente), fatta salva l’ipotesi in cui il committente dimostri che il danno si è verificato per causa esclusiva del fatto dell’appaltatore, quale fatto del terzo che egli non poteva prevedere e/o impedire (ipotesi questa nella quale il committente è esonerato da responsabilità e, in caso di condanna, ha comunque il diritto di agire eventualmente in manleva contro l’appaltatore).