E’ noto che la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e non presunta, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode. Per evocare la responsabilità del custode è necessario che il danneggiato dimostri che il danno è in nesso di derivazione causale con la cosa custodita.
Il riferimento che molto spesso viene operato della natura pericolosa o meno della cosa, viene chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12663 del 9 maggio 2024. Incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima. La Corte specifica infatti che: “la capacità di vigilare la cosa, di mantenerne il controllo, di neutralizzarne le potenzialità dannose non è elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità; si tratta di un elemento estrinseco di cui va tenuto conto alla stregua di canone interpretativo della ratio legis, cioè come strumenti di spiegazione di “un effetto giuridico che sta a prescindere da essi”; l’intento di responsabilizzare il custode della reso di controbilanciare la signoria di fatto concessagli dall’ordinamento affinché ne tragga o possa trarne beneficio sulla cosa con l’obbligazione risarcitoria possono essere criteri di spiegazione del criterio scelto per allocare il danno, ma non sono elementi costitutivi della regola di fattispecie né elementi di cui tener conto per escludere l’obbligazione risarcitoria in capo al custode“.
E’ principio infatti consolidato quello secondo cui “il danno si considera cagionato dalla cosa, anche se essa non sia suscettibile di produrre danni per sua natura, cioè per suo intrinseco potere; anche relativamente alle cose prive di dinamismo è configurabile una relazione di custodia; perciò che la cosa sia pericolosa ovvero che non lo sia, che sia seagente (ovvero dotata di intrinseco dinamismo) oppure no non rileva, anche le cose innocue possono cagionare un danno, atteso che, essendo sottoposte quantomeno alla forza gravitazionale, sono potenzialmente suscettibili in determinate condizioni di creare pregiudizio; e la fattispecie può allora comprendere, sempre dando luogo alla responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., una gamma potenzialmente indefinita di situazioni“.
La natura della cosa può rilevare comunque sul piano della prova della ricorrenza del caso fortuito, nel senso che il giudizio sull’autonoma idoneità causale del fattore esterno, estraneo alla cosa, va ovviamente adeguato alla natura della cosa ed alla sua pericolosità, nel senso che tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo (costituente fattore esterno) nel dinamismo causale del danno, fino ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e ad escludere dunque la responsabilità del custode”