La ricorrente conveniva davanti al Giudice di Pace di Sulmona il titolare di un impianto di erogazione del carburante, lamentando che, dopo aver fatto il pieno , dopo una iniziale perdita di potenza del motore, era derivato il blocco totale del motore, poi rivelatosi causato da acqua e sporcizia rinvenute frammiste nel carburante stesso. Sia il Giudice di Pace che il Tribunale avevano rigettato le richieste (restituzione del prezzo pagato per il carburante e risarcimento dei danni cagionati all’impianto di alimentazione della sua autovettura), rilevando che la domanda dell’attrice era volta a far valere non già la responsabilità del venditore ma quella, distinta, del fornitore, giustificando così il rigetto per non aver dato il consumatore prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno bensì tra difetto e danno, rilevando che solo una volta fornita tale prova il produttore sarebbe stato onerato della prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto era stato posto in circolazione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14332 del 22 maggio 2024, boccia però la posizione espressa dal Tribunale, rilevando come la detta pronunzia non “compatibile” con la domanda formulata dell’originaria attrice, che aveva agito per far valere non già la responsabilità extracontrattuale del produttore o fornitore per difetto originario del bene prodotto ex art. 120 del Codice del Consumo, ma per far valere la responsabilità contrattuale del venditore ex art. 132 del Codice del Consumo, in base alla quale “si presume – salvo prova contraria – che i difetti di conformità manifestatisi entro sei mesi dalla consegna del bene a tale data fossero già esistenti, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità“.