A causa di un ritardo di ben cinque ore, un passeggero citava avanti il Giudice di Pace di Pescara la compagnia di bandiera rissa (Aeroflot) per lo “stato di rabbia, frustrazione, stress psico-fisico ed impotenza“. Il Giudice accoglieva la domanda, condannando la convenuta al pagamento di Euro 200,00. Il Tribunale di Pescara confermava la decisione precisando che: “un ritardo aereo – peraltro prolungato come può essere quello di cinque ore patito dall’odierno appellato – è sicuramente fonte di disagio che va necessariamente compensato in via pecuniaria. D’altronde, la Convenzione di Montreal è chiara nello statuire che in caso di ritardo, la responsabilità del vettore è limitata a 4150 DSP. Ciò significa che la responsabilità del vettore, in caso di ritardo, è in re ipsa, non abbisognando essa di alcuna prova specifica“.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15352 del 31 maggio 2024, prende lo spunto da tale marginale vicenda per confermare alcuni principi basilari in tema di responsabilità e di risarcimento del danno esistenziale.
Precisa infatti che: “il giudice del merito ha confuso evento di danno e danno conseguenza. Il ritardo aereo non è un danno conseguenza risarcibile, è l’evento di danno, corrispondente all’inadempimento della compagnia aerea, rispetto al quale, secondo il nesso di causalità giuridica ai sensi dell’art. 1223 c.c., deve valutarsi la sussistenza di una conseguenza pregiudizievole, suscettibile di risarcimento. L’accertamento del ritardo aereo non è ancora quindi l’accertamento del danno risarcibile. Una volta accertato l’inadempimento, deve apprezzarsi se sussista un pregiudizio risarcibile”. Ed invero riconoscere il danno risarcibile come in re ipsa significa erroneamente: “affermare che l’evento di danno di per sé è meritevole di risarcimento, senza apprezzare se quell’evento abbia prodotto conseguenze pregiudizievoli, e dunque ignorando il nesso di causalità giuridica“.
Infine stimando risarcibile il mero disagio, il giudice del merito ha violato “il principio di diritto secondo cui il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile a condizione che l’interesse leso abbia rilevanza costituzionale, che la lesione dell’interesse sia grave (nel senso che l’offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale), che il danno non sia futile (e, cioè, non consista in meri disagi o fastidi) e che, infine, vi sia specifica allegazione del pregiudizio, non potendo assumersi la sussistenza del danno in re ipsa“
Una volta correttamente impostata la questione, la Corte però ha cura di confermare la propria precedente posizione, in caso di viaggio con gravissimo ritardo e in pessime condizioni, ritenendo che: “spetta al passeggero il risarcimento, per inadempimento contrattuale, dei danni non patrimoniali derivanti dalla lesione – purché seria, grave e tale da non tradursi in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e generiche insoddisfazioni – delle libertà costituzionali di autodeterminazione e di movimento, senza che la specifica previsione normativa di un indennizzo correlato alla cancellazione o all’interruzione o al ritardo del servizio ferroviario valga di per sé ad escludere la risarcibilità di ulteriori pregiudizi subiti dal viaggiatore“.