Secondo l’oramai costante insegnamento della Corte di Cassazione, la responsabilità per il danno causato dall’animale, prevista dall’art. 2052 c.c., incombe a titolo oggettivo ed in via alternativa o sul proprietario, o su chi si serve dell’animale, per tale dovendosi intendere non già il soggetto diverso dal proprietario che vanti sull’animale un diritto reale o parziale di godimento, che escluda ogni ingerenza del proprietario sull’utilizzazione dell’animale, ma colui che, col consenso del proprietario, ed anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l’animale per soddisfare un interesse autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario.
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 17307 del 24 giugno 2024, ha confermato tale posizione, precisando che: “a) che la responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2052 cit. può essere posta a carico, in via alternativa, del proprietario dell’animale o di chi se ne serve per il periodo in cui l’ha in uso, come dimostrato dall’uso della congiunzione disgiuntiva “o” contenuta nella norma citata; b) che il carattere alternativo concerne la responsabilità ai sensi della disposizione citata, ma che tanto non impedisce “che dell’azione dell’animale possa rispondere anche altro soggetto, svincolato da un rapporto di custodia”; in tal caso non si tratta più di una responsabilità ai sensi dell’art. 2052 cit., bensì “di responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2043 c.c., la quale presuppone l’accertamento del dolo o della colpa e può concorrere con quella indicata dall’art. 2052 c.c.; c) che pertanto, nell’ipotesi di danno cagionato da animali, è dunque astrattamente possibile ravvisare il concorso di responsabilità ove i titoli della responsabilità stessa siano diversi“.
Nel caso di specie la vittima era stato aggredito da un cane di taglia grande, posto alla catena in un caseificio, ma in modo tale che poteva comunque raggiungere i clienti.