La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18243 del 3 luglio 2024, ha modo di precisare alcuni principi in ordine all’applicazione dell’istituto richiamato nel titolo.
In primo luogo conferma che “la compensatio lucri cum damno” è un’eccezione in senso lato, vale a dire non l’adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all’esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed è, come tale, rilevabile anche d’ufficio dal giudice, il quale, per determinare l’esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell’acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio“.
La citata compensazione però: “non può operare qualora la somma non sia stata corrisposta e tantomeno sia determinata o determinabile, in base agli atti di causa, nel suo preciso ammontare per cui, mancando la prova della somma esattamente versata o da versare – prova da porre a carico di chi eccepisce la compensazione – quest’ultima non può avere luogo“.
A mitigare il richiamato principio la Corte di Cassazione riconosce che “il giudice di merito può sul punto anche avvalersi del potere officioso di sollecitazione presso gli uffici competenti, in specie quando la percezione dell’indennizzo non sia negata“. Nella fattispecie in esame, infatti la parte ricorrente non aveva negato tale percezione, osservando semplicemente che il Ministero (si trattava dell’indennizzo ex lege n. 210/92) non avesse ottemperato al proprio onere né di allegazione né probatorio. Quindi ai fini della esatta quantificazione dell’indennizzo percepito e percipiendo il giudice può legittimamente avvalersi infatti – sia che l’eccezione sia formulata ad istanza di parte, sia se la questione della compensatio sia rilevata d’ufficio – dei suoi poteri officiosi, ed in particolare della acquisizione di informazioni presso le competenti articolazioni amministrative, e ciò al fine di inibire un’ingiustificata locupletazione che risulti certa, sia pure non nella sua misura, e come tale non legittimamente validabile.