Il danno morale: natura, prova e quantificazione

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20661 del 24 luglio 2024, conferma la correttezza della modalità di liquidazione del danno morale attraverso il riferimento all’entità del danno biologico al quale la sofferenza interiore patita dal danneggiato è correlata, senza che tale modalità valga a incidere o, comunque, a compromettere la netta distinzione ontologica tra le due specifiche categorie di danno (cfr. Cass. Civ. 29 settembre 2021 n. 26301; Cass. Civ. 10 novembre 2020 n. 25164).

La Corte, in tale importante decisione, quindi precisa e conferma (speriamo definitivamente) che: a) il danno morale è autonomo dal danno biologico; b) la prova della sua esistenza può essere fornita dalle massime di comune esperienza e dalla considerazione che sussiste un rapporto di proporzionalità diretta tra lesione e sofferenza; c) corretto è pertanto calcolare il danno morale come percentuale del danno biologico; d) la quantificazione del danno morale non deve essere confusa con la personalizzazione che attiene invece agli aspetti dinamico relazionali del danno biologico.

La Corte sottolinea come “la modalità di liquidazione del danno morale come frazione quantitativa del danno biologico abbia ricevuto una sua specifica consacrazione a livello legislativo, segnatamente attraverso il riconoscimento contenuto nell’art. 138 del D.lgs. n. 209/2005; in tal senso, mentre il danno morale mantiene in toto la propria autonomia e non è conglobabile nel danno biologico (trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, e perciò meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi: cfr. Cass. Civ. 11 novembre 2019 n. 28989), la stessa liquidazione del danno morale conserva una sua piena autonomia e successività rispetto alla precedente personalizzazione del danno biologico, atteso che tale personalizzazione risulta specificamente disciplinata in via normativa (art. 138, co. 3 C.d.A.: “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico – relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale… , può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%”)“.

Ed invero mentre il richiamato articolo definisce, da un lato, il danno biologico come “la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato“, dall’altro, stabilisce che “al fine di considerare la componente morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico… è incrementata in via progressiva e per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione“).

Confermando quanto già da tempo affermato dalla Corte di Cassazione, in ordine al principio della piena autonomia del danno morale rispetto al danno biologico (atteso che il sintagma ‘danno morale’ non è suscettibile di accertamento medico – legale e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto, pur potendole influenzare, dalle vicende dinamico – relazionali della vita del danneggiato), la Suprema Corte ha riaffermato: “la necessità che la liquidazione di tale (autonomo) danno morale (di natura meramente interiore) non rimanga del tutto svincolata dalla vicenda materiale che ebbe a determinarne l’insorgenza, ritenendo ragionevolmente equo stabilirne la convertibilità in termini monetari attraverso la sua identificazione in una percentuale del danno biologico complessivamente determinato; converrà, d’altro canto, considerare come la dimensione eminentemente soggettiva del danno morale comporti, come diretta conseguenza, che la sua esistenza non corrisponda sempre a una fenomenologia suscettibile di percezione immediata e, quindi, di conoscenza ad opera delle parti contrapposte al danneggiato

In ordine agli oneri di allegazione imposti alla parte, si rileva “l’attenta considerazione, da parte del giudice, della categoria delle ‘massime di esperienza’; la massima di esperienza, infatti – diversamente dalla categoria del fatto notorio – non opera sul terreno dell’accadimento storico, ma su quello della valutazione dei fatti, e si pone quale regola di giudizio basata su leggi naturali, statistiche, di scienza o di esperienza, comunemente accettate in un determinato contesto storico – ambientale, la cui utilizzazione nel ragionamento probatorio, e la cui conseguente applicazione, risultano doverose per il giudice, ravvisandosi, in difetto, illogicità della motivazione, atteso che la massima di esperienza può da sola essere sufficiente a fondare il convincimento dell’organo giudicante“.

A fronte di quanto precisato, la Corte di Cassazione afferma che: “non solo non si ravvisano ostacoli sistematici al ricorso al ragionamento probatorio fondato sulla massima di esperienza specie nella materia del danno non patrimoniale, e segnatamente in tema di danno morale, ma tale strumento di giudizio consente di evitare che la parte si veda costretta, nell’impossibilità di provare il pregiudizio dell’essere (ovvero della condizione di afflizione fisica e psicologica in cui si è venuta a trovare in seguito alla lesione subita), ad articolare estenuanti capitoli di prova relativi al significativo mutamento di stati d’animo interiori da cui possa inferirsi la dimostrazione del pregiudizio patito; del resto, alla base del parametro standard di valutazione che è alla base del sistema delle tabelle per la liquidazione del danno alla salute, altro non v’è se non un ragionamento presuntivo fondato sulla massima di esperienza per la quale ad un certo tipo di lesione corrispondono, secondo l’id quod plerumque accidit, determinate menomazioni dinamico – relazionali, per così dire, ordinarie; così, allo stesso modo, un attendibile criterio logico – presuntivo funzionale all’accertamento del danno morale quale autonoma componente del danno alla salute (così come di qualsiasi altra vicenda lesiva di un valore/interesse della persona costituzionalmente tutelato: Corte costituzionale n. 233 del 2003) è quella della corrispondenza, su di una base di proporzionalità diretta, della gravità della lesione rispetto all’insorgere di una sofferenza soggettiva: tanto più grave, difatti, sarà la lesione della salute, tanto più il ragionamento inferenziale consentirà di presumere l’esistenza di un correlato danno morale inteso quale sofferenza interiore, morfologicamente diversa dall’aspetto dinamico – relazionale conseguente alla lesione stessa (cfr. Cass. Civ. 10 novembre 2020 n. 25164)“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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