Il rifiuto del paziente al ricovero: rilevanza colposa del danneggiato?

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La questione attiene alla rilevanza del rifiuto del ricovero ospedaliero, avanzato dal paziente poi deceduto, ed in particolare se il medesimo costituisca possibile profilo di responsabilità (totale o parziale) della vittima (la permanenza in ambiente ospedaliero avrebbe consentito infatti al paziente una cura più adeguata), stante il mancato obbligo dei medici di contrastarlo “dato che i trattamenti sanitari obbligatori sono solo quelli previsti dalla legge” (art. 32 Cost.).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21362 del 30 luglio 2024, è chiamata a valutare la correttezza della decisione della Corte di Appello che aveva appunto affermato che “il rifiuto del ricovero ospedaliero è sicuramente un fatto idoneo a configurare un concorso colposo della vittima dato che, in ambiente ospedaliero, il paziente è molto più tutelato per cui è normale pensare che il danno procurato dall’errore terapeutico avrebbe potuto essere attenuato“. La Suprema Corte rileva però una “motivazione (…) attestata su un livello di mera apparenza, tacendo sugli elementi più significativi e anzi dirimenti, soprattutto il primo in relazione appunto alla concausalità-corresponsabilità“. A prescindere di ciò, la stessa censura anche l’affermazione della pretesa colpa, per il rifiuto del ricovero, ai fini dell’art. 1227 c.c., in quanto avrebbe dovuto essere “realmente motivata con argomentazioni chiare e specifiche, qui del tutto assenti, in quanto il giudice d’appello, per così dire, “precipita” direttamente sulla quantificazione“.

A tale proposito, la difesa dei ricorrenti aveva giustamente richiamato che l’art. 5 c.c. pone come limite agli atti di disposizione del proprio corpo l’eventualità, tra l’altro, che questi “cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica“. D’altronde il principio dell’autodeterminazione individuale nel settore sanitario è comunque fonte di un obbligo di informazione tale da imporre un valido consenso o dissenso, quindi il giudice di merito avrebbe dovuto indagare se il rifiuto del ricovero fosse stato validamente dato, gravando peraltro sulla struttura sanitaria il relativo onere probatorio ex art. 2697 c.c.. Non sarebbe quindi sufficiente il rilievo della mera sottoscrizione alla dichiarazione di voler rifiutare il ricovero se non accompagnata anche dalla prova della consapevolezza dei rischi cui va incontro il paziente con tale scelta.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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