La recente sentenza n. 22764 del 13 agosto 2024, conferma la sussistenza, in seno alla Corte di Cassazione, di un contrasto in ordine all’interpretazione dell’art. 2051 c.c.. (https://studiolegalepalisi.com/2024/07/23/art-2051-e-evidente-il-contrasto-in-seno-alla-corte-di-cassazione/). Il primo orientamento, quello rigoristico, ritiene che la semplice condotta del danneggiato, senza altra qualificazione, è in grado di costituire il caso fortuito, esentando dalla responsabilità il custode (https://studiolegalepalisi.com/2024/01/28/la-corte-di-cassazione-intona-il-de-profundis-allart-2051-c-c/). Quello contrapposto richiede invece che tale colpevole contegno della vittima , al fine del detto esonero, debba essere imprevedibile ed inevitabile, in altre parole abnorme (https://studiolegalepalisi.com/2024/07/15/caso-fortuito-art-2051-c-c-la-disattenzione-del-pedone-deve-essere-abnorme/).
Nel caso, posto alla valutazione della Suprema Corte, un automobilista, alla guida della propria autovettura, moriva, a causa della perdita di controllo del veicolo e del conseguente impatto contro un albero. All’esito del giudizio di prime cure (confermato anche in grado di appello), era affermata la concorrente e paritaria responsabilità del Comune e della vittima nella causazione del sinistro, in considerazione del grave deficit manutentivo della strada, della condotta di guida con velocità non commisurata alle condizioni, della ristrettezza della carreggiata, della presenza di visibili anomalie di essa. In particolare la Corte di Appello “con il conferire dirimente valenza ai rilievi del consulente tecnico di ufficio il giudice territoriale individua, quale titolo di responsabilità del conducente del veicolo, il non aver graduato la velocità del mezzo alle condizioni della strada; considerato poi che una velocità pur conforme a dette condizioni avrebbe soltanto attenuato gli esiti del sinistro (cioè evitato la morte), attribuisce al contegno colposo del guidatore natura non di caso fortuito esimente, bensì di paritaria efficienza causale nella produzione dell’evento“.
Viene così smentita la “vulgata” per cui il danneggiato, per potersi giovare della previsione della responsabilità ex art. 2051 c.c. dovrebbe essere sostanzialmente immune da colpa. La Corte di Cassazione, pur richiamando infatti gli stessi principi utilizzati dalla posizione rigoristica (“la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c. , richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost. , sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro“), ritiene che la velocità inadeguata della vittima e la visibilità delle anomalie del manto stradale non costituiscono elementi in grado di interrompere il nesso causale dell’evento ma semplicemente concorrono a determinarlo, nonostante il danneggiato abbia indubbiamente assunto un contegno difforme dalla normale cautela correlata alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza.