Con la sentenza n. 22902 del 19 agosto 2024, la Corte di Cassazione riconferma che, in tema di morte del congiunto, “la presunzione iuris tantum di esistenza del pregiudizio – configurabile per i membri della famiglia nucleare “successiva” (coniuge e figli) – si estende ai membri della famiglia “originaria” (genitori e fratelli), senza che assuma ex se rilievo il fatto che la vittima e il superstite non convivessero o che fossero distanti; tale presunzione impone al terzo danneggiante l’onere di dimostrare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, con conseguente insussistenza in concreto dell’aspetto interiore del danno risarcibile (c.d. sofferenza morale) derivante dalla perdita, mentre non riguarda l’aspetto esteriore (c.d. danno dinamico – relazionale), sulla cui liquidazione incide la dimostrazione, da parte del danneggiato, dell’effettività, della consistenza e dell’intensità della relazione affettiva, desunta dalla coabitazione o da altre allegazioni fornite di prova (Cass., 4/03/2024, n. 5769)“;
Per quanto riguarda l’età media di sopravvivenza, rilevante ai fini della capitalizzazione, la Corte rileva che: “si tratta di profilo rientrante anch’esso nella valutazione pur sempre equitativa e tutt’altro che manifestamente incongrua (v. Cass., 11/10/2023, n. 28429) svolta dalla Corte di appello con diffusa motivazione, senza, al contempo, che la difesa ricorrente abbia dimostrato di aver per tempo allegato e provato fatti modificativi come l’apprezzabile incidenza negativa, in tesi, della patologia pregressa sulle prospettive di vita assunte a parametro“.