A causa di una trasfusione di sangue ospedaliera, effettuata in occasione della quinta gravidanza, nel 1978, una paziente aveva contratto l’epatite cronica tipo C, infezione e nesso causale confermati dalla CMO con visita nel 2010 dopo che aveva fatto domanda d’indennizzo ex legge n. 210 del 1992, a seguito della scoperta, nel 2008, della correlazione in parola. La Corte di appello, riformando la decisione di primo grado, che aveva escluso il risarcimento per intervenuta prescrizione, individuava invece il momento di decorrenza del periodo di prescrizione dal momento della percezione della malattia e liquidava il danno alla persona con il punto tabellare cosiddetto milanese, ancorato all’età della vittima al momento della contrazione infettiva.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23030 del 22 agosto, è chiamata a specificare quale sia l’età che debba essere presa in considerazione per la liquidazione del danno non patrimoniale per i danni lungolatenti: se quello in cui si è determinata la lesione o quello in cui il soggetto ha avuto consapevolezza delle conseguenze della lesione.
La Corte, richiamando la propria precedente posizione, rileva che: “in caso di danno cosiddetto lungolatente, quale tipicamente quello in parola, il diritto al risarcimento del danno biologico sorge solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell’infezione, in quanto esso non consiste nella semplice lesione dell’integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno in re ipsa, privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica tra evento ed effetti dannosi (Cass., 17/02/2023, n. 5119, cui adde Cass., 14/02/2024, n. 4110; v. inoltre Cass., 2/09/2022, n. 25887; cfr., da ultimo, in termini, sulla specifica fattispecie, Cass., 29/01/2024, n. 2725)“;
A fronte di ciò la Corte, nel rinviare la causa al giudice di merito, precisa che il medesimo: “dovrà dunque verificare e chiarire – parametrando in coerenza l’età rilevante ai fini della liquidazione del danno – quando sia risultato che la vittima abbia subìto il pregiudizio conseguenza ovvero l’incidenza negativa da risarcire, a cominciare dalla consapevolezza della sussistenza della specifica malattia qualora non ancora tradotta in sintomi (v. Cass., n. 25887 del 2022, pagg. 9-10)“;
Per riassumere quindi, ai fini del danno subito dal soggetto infettato, la Corte distingue, logicamente e temporalmente, i momenti di: inoculazione infettiva (condotta colposa); contrazione della malattia (evento di danno); apparizione dei sintomi ovvero intervenuta consapevolezza della patologia con diagnosi (pregiudizi conseguenti risarcibili), precisando che: “a) il momento dell’inoculazione e della contrazione non rilevano per quanto prima detto; b) quanto ai successivi momenti, la manifestazione dei sintomi della patologia incidenti sull’integrità fisica a fini che risultino apprezzabili sul piano risarcitorio, prima della consapevolezza della patologia correlata alla diagnosi, potrà radicare il risarcimento del danno biologico; c) nel caso, invece, di consapevolezza della specifica e grave patologia, diagnosticata, prima dell’apparizione dei sintomi, potrà radicarsi il danno morale da sofferenza, cui se del caso potrà viceversa seguire quello biologico alla comparsa della sintomatologia incidente“