Nell’ambito di una causa di responsabilità civile (ex art. 2051 c.c.), l’Ente condannato al risarcimento del danno per lesione del vincolo parentale, impugnava la sentenza della Corte di Appello di Trento lamentando una presunta violazione dell’art. 2697 c.c., in ordine all’onere probatorio, per avere accordato agli attori (genitori, moglie, figli e sorella della vittima) il risarcimento del danno non patrimoniale, senza che essi ne avessero dato prova.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24053 del 6 settembre 2024, ritiene il motivo manifestamente infondato, in quanto trascura totalmente di confrontarsi col consolidato orientamento secondo cui “l’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del “quantum debeatur”). Nei casi suddetti è pertanto onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3767 del 15/02/2018, Rv. 648035 – 02; nello stesso senso, ex permultis, Sez. 3 – , Sentenza n. 22397 del 15/07/2022, Rv. 665266 – 01).