La vicenda riguarda la dinamica di un incidente stradale e la ricostruzione fornita inizialmente dal danneggiato, al fine del risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale di Bergamo rigettava la domanda, ritenendo che la dinamica del sinistro, ricostruita dal C.T.U. non potesse considerarsi coincidente con quella descritta dall’attore e rilevando l’inammissibilità della modificazione dei fatti costitutivi così come tardivamente prospettata solo in comparsa conclusionale. La Corte di Appello confermava la statuizione.
Non così la Corte di Cassazione, che, con la sentenza n. 13622 del 16 maggio 2024, ha censurato la precedente decisione per non aver considerato che, in base al principio di acquisizione processuale, le risultanze della CTU potevano essere utilizzate per chiedere la tutela del diritto risarcitorio in base ad esse. Non si poteva parlare di modifica della domanda attraverso l’introduzione di fatti allegati dalla parte, ma di mera invocazione delle risultanze dell’istruzione probatoria a sostegno dello stesso diritto risarcitorio fatto valere, i cui termini temporali e di luogo sono rimasti immutati, nel senso che il diritto è sempre quello basato sulla verificazione di un sinistro occorso fra gli stessi soggetti nelle stesse condizioni di tempo e di luogo.
La Corte precisa infatti che: “rivendicare il diritto sulla base della dinamica accertata dal CTU non implica per tale ragione una modifica della domanda in violazione delle preclusioni, ma solo l’invocazione del principio di acquisizione processuale, naturalmente se tale invocazione sia fatta per giustificare il petitum, il bene della vita richiesto e non si risolva nell’avvalimento di una fattispecie costitutiva di un bene della vita diverso, dove la diversità sussiste se muti il profilo temporale, di luogo ed i soggetti. La mera invocazione di modalità del sinistro temporalmente e localmente rimasto lo stesso e coinvolgente gli stessi soggetti implica una modificazione legittima della domanda. Quanto osservato non è contraddetto dalla giurisprudenza che si è occupata della modifica della domanda in appello, atteso che essa riguarda la modifica dei fatti costitutivi del sinistro sulla base di allegazioni della parte e non in forza di deduzioni emergenti dall’istruzione e che debbano considerarsi secondo il principio di acquisizione. La giurisprudenza cui si allude è espressa da Cass., sez. III, sent. 30/06/2005, n. 13982, secondo cui: “Si ha domanda nuova, inammissibile in appello, quando i nuovi elementi, dedotti innanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente un mutamento della “causa petendi” in un caso in cui, con la citazione, l’attore aveva proposto domanda di risarcimento danni per la presenza di una profonda buca non segnalata, mentre in appello aveva introdotto nuovi elementi fattuali, quali la non visibilità della buca ed il fatto che essa fosse piena d’acqua al momento dell’incidente, che integravano la diversa figura dell’insidia stradale, rispetto all’assunta responsabilità dell’ente proprietario della strada per omessa segnalazione della presenza della buca)”. È palese che si fa riferimento alla introduzione di nuovi elementi fattuali da parte del litigante“