La vicenda, esaminata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24656 del 13 settembre 2024, trae origine dalla richiesta risarcitoria avanzata nei confronti di una struttura sanitaria toscana per un intervento chirurgico di protesi totale all’anca destra. Il Tribunale di Grosseto condannava l’azienda sulla base dei risultati della disposta CTU, che però aveva escluso la responsabilità dei sanitari per l’intervento censurato, ritenendolo invece sussistente per un successivo e diverso intervento, operato dalla stessa struttura, al fine di trattare la ferita e di ridurre l’infezione. La Corte di Appello di Firenze, adita dalla azienda sanitaria, riformava la decisione, ritenendo la responsabilità della struttura sanitaria affermata in relazione a fatti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo.
Nella richiamata sentenza, la Corte di Cassazione conferma la decisione dell’appello, fornendo una precisa ricostruzione in merito all’identificazione della domanda, in tema di responsabilità sanitaria. La stessa rileva infatti che: “il fatto rilevante per il diritto lo si identifica in base a criteri giuridici e non meramente storici, cioè la prestazione, se si vuole la condotta, è identificata dal titolo. Qui c’è un primo contratto con la struttura, in base al quale quest’ultima si impegna ad effettuare la prestazione chirurgica ovviamente, tutto ciò che è relativo, strumentale, accessorio a quella prestazione, rientra nel medesimo “fatto”, ossia fonda il contenuto della obbligazione assunta, e di conseguenza l’inadempimento di prestazioni accessorie non costituisce “fatto” diverso dall’inadempimento delle prestazioni principali se il paziente si duole della cattiva esecuzione dell’intervento, tale domanda può essere intesa come riferita ad ogni prestazione inerente l’intervento (quello che la citata giurisprudenza chiama “essenzialità materiale” del fatto). In tal senso, se l’attore lamenta responsabilità per inadempimento della obbligazione assunta di effettuare un intervento chirurgico, questa domanda è implicitamente estesa a tutto ciò che in quell’intervento, ossia nella prestazione assunta, è ricompreso il trattamento post- operatorio, quello preparatorio, gli esami strumentali ecc. ossia il “fatto” è identificato in base al titolo. La struttura si impegna contrattualmente ad effettuare un intervento chirurgico che implica la necessità di condotte strumentali, le quali ovviamente rientrano nella prestazione assunta. Se di conseguenza il paziente stipula con la struttura un contratto diverso, ed ulteriore, cambia altresì il fatto, ossia cambia l’insieme delle prestazioni cui la struttura si obbliga“.
La Corte afferma giustamente che: “agire in base al primo contratto non è la stessa cosa che agire in base al secondo; far valere l’inadempimento del primo contratto, non è far valere l’inadempimento del secondo quest’ultimo non è implicito nel primo. Nella fattispecie, v’è stato un primo contratto, con il quale la struttura si è obbligata all’intervento chirurgico (ed ovviamente alle prestazioni connesse). Ed è dell’inadempimento di tale contratto che la ricorrente si è lamentata. Vi è poi stato un secondo contratto, ad un mese di distanza, con il quale la struttura ha assunto l’obbligazione di rimediare alla infezione, o di trattare una infezione in corso dunque un diverso contratto avente ad oggetto prestazioni diverse“.
E così conclude: “in altri termini, non può aversi identità di domande, né può dirsi che l’una è implicita nell’altra, se esse fanno valere due inadempimenti diversi, in quanto relativi a prestazioni oggetto di diversi contratti. Nè si postula un collegamento tra i due contratti, che forse avrebbe potuto giustificare l’estensione al secondo delle questioni relative al primo collegamento, comunque sia, neanche ravvisabile, essendo il secondo contratto stipulato dopo l’estinzione del primo. Inoltre, e come conseguenza di quanto si è detto, per il convenuto, difendersi dall’accusa di essere inadempiente al primo contratto non è come difendersi dall’accusa di inadempimento del secondo il che rende ulteriormente conto della diversità delle domande“.