La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25126 del 18 settembre 2024, ripercorre i contenuti dello “statuto del consenso informato“, come delineato dalla propria giurisprudenza, affermando che “il consenso del paziente, oltre che informato, dev’essere consapevole, completo (deve riguardare cioè tutti i rischi prevedibili, compresi quelli statisticamente meno probabili, con esclusione solo di quelli assolutamente eccezionali ed altamente improbabili), globale (deve coprire non solo l’intervento nel suo complesso, ma anche ogni singola fase dello stesso), esplicito e non meramente presunto o tacito (anche se presuntiva, per contro, può essere la prova, da darsi dal medico, che un consenso informato sia stato prestato effettivamente ed in modo esplicito: Cass. n. 20984 del 2012; n. 26827 del 2017; n. 7248 del 2018; n. 9053 del 2018; n. 9807 del 2018; n. 9179 del 2018; n. 16336 del 2018; n. 3992 del 2019)“.
Nella vicenda portata all’attenzione della Corte di Cassazione, non era presente alcun modulo scritto di consenso informato, ma la Corte di merito non ne aveva tratto poi le necessarie conseguenze sotto il profilo del danno risarcibile.
La Corte rammenta che: “costituisce principio consolidato che l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente può assumere diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute. Nel primo caso, l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia ex se una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario. Nel secondo, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende, invece, dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile, di regola, in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova -che, in applicazione del criterio generale di cui all’art. 2697 cod. civ., grava sul danneggiato- del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso (v. e pluribus Cass. n. 24471 del 12/06/2023; 04/11/2020; n. 28985 del 11/11/2019; n. 19199 del 19/07/2018; n. 11749 del 15/05/2018)“. La Corte dà continuità ad un recente suo arresto per cui tali “enunciati vanno certamente condivisi ma non esauriscono lo schema concettuale cui occorre far riferimento ai fini della verifica della fondatezza della pretesa risarcitoria, anche quando dedotta come nascente dalla violazione degli obblighi informativi” (v. Cass., 12/06/2023, n. 16633).
Per l’effetto la Corte rileva che: “il fatto costitutivo del credito risarcitorio richiede la presenza dei seguenti elementi: a) la condotta lesiva (ovvero l’omissione o l’incompletezza delle informazioni rese al paziente, insieme con il presunto dissenso all’atto terapeutico nelle ipotesi di cui si dirà); b) l’evento di danno (che può essere rappresentato dalla violazione del diritto all’autodeterminazione o della lesione del diritto alla salute o da entrambi allo stesso tempo: potenziale plurioffensività del medesimo fatto lesivo già riconosciuta da Cass. n. 28985 dell’11/11/2019, in motivazione, par. 2.3), legato al primo da nesso di causalità materiale; c) il danno-conseguenza, ossia le concrete conseguenze pregiudizievoli, derivanti, secondo nesso di causalità giuridica ex art. 1223 cod. civ., dall’evento di danno, queste sole costituendo danno risarcibile nel vigente ordinamento che non ammette la risarcibilità di un danno in re ipsa (v. Cass., Sez. Un., 11/01/2008, nn. 576, 582, 581, 582, 584; Cass., 11/11/2008, nn. 26972 – 26975; ma v. già Cass. 15/10/1999, n. 11629 e, in seguito, Cass. 21/07/2011, n. 15991; v. anche Corte cost. 27 ottobre 1994, n. 372; da ultimo, sia pure con riferimento al diverso e specifico tema del danno patrimoniale da occupazione illegittima, Cass., Sez. Un., n. 33645 del 15/11/2022).
La violazione degli obblighi informativi dovuti al paziente può dunque essere dedotta sia in relazione eziologica rispetto all’evento di danno rappresentato dalla lesione del diritto alla salute, sia in relazione all’evento di danno rappresentato dalla violazione del diritto all’autodeterminazione, sia, contemporaneamente, in relazione ad entrambi. Con la precisazione che risarcibile non sarà, in sé, la lesione dell’integrità psico-fisica, ma le conseguenze pregiudizievoli da questa derivanti (danno patrimoniale – danno biologico – danno morale) nei termini fissati dalla giurisprudenza e che non è necessario in questa sede richiamare (v., tra le altre, Cass., 17/01/2018, n. 901; Cass., 27/03/2018, n. 7513; Cass. 28/09/2018, n. 23469). Orbene, sotto il profilo della condotta lesiva la citata sentenza di questa Corte n. 16633/2023 ha di recente affermato che: “quel che rileva infatti, ai fini della valutazione da compiere sulla completezza delle informazioni da fornire al paziente, è che si tratti di evento correlabile alla prestazione sanitaria, la cui possibile verificazione sia comunque nota nella letteratura medica e come tale prevedibile, ancorché quale conseguenza di bassa frequenza statistica” (…). E questo sempre in relazione al più generale principio secondo cui “l’omessa informazione assume di per sé carattere neutro sul piano eziologico, in quanto la rilevanza causale dell’inadempimento viene a dipendere indissolubilmente dalla alternativa “consenso/dissenso” che qualifica detta omissione“.
Se, di regola, occorre allegare e provare, oltre alla violazione dell’obbligo informativo, anche che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento, è così ipotizzabile che, pur nel caso in cui possa presumersi che questi avrebbe prestato il consenso (o in cui comunque non v’è prova del contrario, come nella specie), egli non sia stato messo nelle condizioni di autonomamente determinarsi ed affrontarle consapevolmente (Cass. n. 7248 del 2018; Cass. n. 28895 del 2019). Anche in tale ipotesi, dunque, la violazione dell’obbligo informativo determina comunque la lesione del diritto all’autodeterminazione.
Così, nella sentenza n. 16633 del 12 giugno 2023, la Corte di Cassazione ha espressamente affermato che: “Nell’ambito della responsabilità medico chirurgica, ai fini della risarcibilità del danno inferto sia alla salute (per inadempiente esecuzione della prestazione sanitaria), sia al diritto all’autodeterminazione (per violazione degli obblighi informativi) possono verificarsi distinte ipotesi:
I) se ricorrono a) il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso), b) il danno iatrogeno (l’intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti), c) la condotta inadempiente o colposa del medico, è risarcibile il solo danno alla salute del paziente, nella sua duplice componente relazionale e morale, conseguente alla non corretta esecuzione, inadempiente o colposa, della prestazione sanitaria;
II) se ricorrono a) il dissenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all’atto terapeutico), b) il danno iatrogeno (l’intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti), c) la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria, è risarcibile sia, per intero, il danno, biologico e morale, da lesione del diritto alla salute, sia il danno da lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, cioè le conseguenze dannose, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, allegate e provate (anche per presunzioni);
III) se ricorrono sia il dissenso presunto, sia il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), è risarcibile la sola violazione del diritto all’autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute – da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – dev’essere valutata in relazione alla eventuale situazione “differenziale” tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto; IV) se ricorre il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso) e non vi è alcun danno derivante dall’intervento, non è dovuto alcun risarcimento;
V) se ricorrono il consenso presunto e il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all’autodeterminazione è risarcibile qualora il paziente alleghi e provi che dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente“.
Nel caso di presunto mancato dissenso del paziente all’intervento, ci si viene a trovare una delle ipotesi previste dal suindicato arresto del 2023 e cioè in una fattispecie in cui ricorrono -secondo quanto appunto motivato nella impugnata sentenza- “il consenso presunto e il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria, dato che, con motivata valutazione in fatto, il cui riesame è precluso in sede di legittimità, il giudice di merito ha ritenuto che l’intervento sia stato correttamente eseguito“. In tal caso, il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all’autodeterminazione sarà risarcibile qualora il paziente alleghi e provi -anche per presunzioni- che, dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione, gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente (v. anche Cass. n. 28985 del 2019, cit.).