La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27353 del 22 ottobre 2024, censura la decisione di merito per la quale un’accertata invalidità permanente del 25% non sarebbe stata sufficiente a far presumere la riduzione della capacità lavorativa, sostanzialmente obliterando il forte rilievo indiziario della lesione sul versante del danno reddituale.
Ed invero, sulla scorta del proprio pacifico orientamento, la Corte afferma che “nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi. La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio” (ex aliis, Cass. 14/11/2013, n. 25634; Cass. 23/09/2014, n. 20003; Cass. 08/02/2019, n.3724; Cass. 20/12/2023, n. 35663; Cass. 24/07/2024, n. 20661)“.
In particolare, proprio con riferimento alla fattispecie concreta, in cui era stata accertata un’invalidità permanente di grado pari al 25% a carico di una persona danneggiata non svolgente alcuna attività lavorativa, la Corte precisa che: “l’invalidità di gravità tale da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già la lesione di un modo di essere del soggetto rientrante nell’aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, bensì un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance (distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica), il quale, sempre che ne sia accertata la sussistenza, anche in base ad elementi utili ad un giudizio prognostico presuntivo prospettati dal danneggiato, va stimato con valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 cod. civ. (in tal senso, cfr. anche, tra le più recenti, Cass. 13/06/2023, n. 16844; Cass. 12/07/2023, n. 19922; Cass. 15/9/2023, n. 26641; Cass. 16/02/2024, n.4289)“. Ne consegue che deve essere ritenuta viziata la pronuncia di merito che: “escludendo in partenza il danno patrimoniale per il sol fatto della mancata prova di uno svolgimento dell’attività lavorativa, non aveva adeguatamente compiuto l’accertamento presuntivo in ordine alla riduzione della perdita di guadagno nella sua proiezione futura, imposto dall’entità dei postumi, anche in termini di perdita di chance (Cass. 14/11/2017, n. 26850)“.
Ed invero in nel caso assimilabile a quello in esame, la Corte di Cassazione ha affermato che: “il danno da riduzione della capacità di guadagno subìto da un minore in età scolare, in conseguenza della lesione dell’integrità psico-fisica, può essere valutato attraverso il ricorso alla prova presuntiva allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro il danneggiato percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’evento lesivo, tenendo conto delle sue condizioni economico-sociali, di quelle della sua famiglia e di ogni altra circostanza del caso concreto (Cass. 15/05/2018, n. 11750). Pertanto, ove l’elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile, se non certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno ad essa conseguente, il giudice può accertare in via presuntiva la perdita patrimoniale occorsa alla vittima e procedere alla sua valutazione in via equitativa“.
Tali principi sono stati del tutto disattesi dalla Corte d’Appello, la quale, nel pretendere la prova rigorosa della compromissione della capacità di guadagno da parte di una persona che non aveva ancora raggiunto l’età lavorativa e nel togliere ogni rilievo all’avvenuto definitivo accertamento, a suo carico, di postumi invalidanti di grado pari al 25% a fronte di una malformazione che limitava l’uso degli arti superiori, per un verso ha gravato la danneggiata dell’onere di una dimostrazione eccessivamente difficoltosa, per l’altro – e principalmente – ha trascurato totalmente il rilevantissimo valore presuntivo del danno biologico, accertato in misura rilevante, rispetto al presumibile danno alla capacità lavorativa.