La vicenda riguarda il risarcimento del danno cagionato dalla morte del congiunto, per omessa tempestiva diagnosi di carcinoma uroeliale, in particolare a causa della mancata esecuzione di una TC con mezzo di contrasto, che avrebbe consentito un risolutivo trattamento chirurgico nella fase ancora non metastatizzata, nonché per difetto di informazioni da parte dei sanitari circa le condizioni del paziente e le cure da eseguire, in particolare ulteriori accertamenti alla vescica.
La struttura sanitaria, ritenuta responsabile della condotta omissiva dei sanitari, ricorreva avanti la Corte di Cassazione asserendo la pretesa omessa valutazione di una circostanza (le numerose comorbilità da cui era affetto il paziente e la prolungata abitudine tabagica del medesimo) che avrebbe dovuto comportare una minore liquidazione del danno.
La Corte di Cassazione con con la sentenza n.27258 del 21 ottobre 2024, rigetta il motivo di impugnazione rammentando il principio che: “nel caso di concorso tra una causa naturale ed una causa umana imputabile, la morte del paziente resta integralmente attribuita all’autore della condotta illecita sul piano della causalità materiale, mentre l’eventuale efficienza concausale dei suddetti eventi naturali rileva esclusivamente sul piano della causalità giuridica, ex art. 1223 c.c., ai fini della liquidazione, in chiave complessivamente equitativa, dei pregiudizi conseguenti, ascrivendo all’autore della condotta un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose da rapportare, invece, all’autonoma e pregressa situazione patologica del danneggiato (fra le tante, da ultimo Cass. n. 26851 del 2023)“.
Peraltro la ricorrente non aveva specificato se le comorbilità dedotte, ed in particolare le conseguenze derivanti dal tabagismo, erano da riferirsi alla causalità materiale (erroneamente, peraltro, alla luce del richiamato principio di diritto) o alla causalità giuridica.
La Corte inoltre aggiunge che: “sottolineando che il tabagismo costituisce causa significativa dei carcinoma, la ricorrente pare avere dedotto non una concausa naturale dell’evento morte, ma la causa della patologia da cui è derivata la morte. In base a tale prospettazione le morbilità derivanti dal tabagismo sono irrilevanti sul piano della causalità dell’evento, incidendo non su quest’ultimo, ma sulla patologia che ne è la causa, a questo punto esclusiva“.
Inoltre precisa che: “sulla questione della morbilità, in realtà, il giudice del merito ha pronunciato, affermando che la dedotta, generica sussistenza di comorbilità, era stata del tutto smentita dalle condivisibili conclusioni dei consulenti tecnici, le quali erano state nel senso che la mancata diagnosi aveva determinato il mancato trattamento, con la progressione della malattia neoplastica con grave compromissione delle possibilità terapeutiche, trovando indicazione la cistectomia radicale quale unica effettiva possibilità di sopravvivenza, non essendo presenti precedenti morbosi o traumatici concorrenti rilevanti ed incidenti sul decorso e sulla evoluzione della sofferta patologia neoplastica“