In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha in più occasioni ribadito, con un orientamento ormai consolidato, che la valutazione sull’esistenza di una colpa professionale deve essere compiuta, con un giudizio ex ante, sulla base di una valutazione prognostica della possibile utilità dell’iniziativa intrapresa o omessa, non potendo comunque l’avvocato garantirne l’esito favorevole. Questo principio è stato affermato per lo più in relazione alla responsabilità omissiva, cioè quando si deve valutare la conseguenza dannosa, per il cliente, derivante da un’attività processuale che poteva essere compiuta e non è stata compiuta (cfr. Cass. Civ. 24 ottobre 2017 n. 25112; Cass. Civ. 19 gennaio 2024 n. 2109; 6 settembre 2024, n. 24007). Tale giudizio si svolge, seguendo le regole causali in materia di responsabilità civile, secondo il principio del più probabile che non, in base al quale può ritenersi, in assenza di fattori alternativi, che l’omissione da parte del difensore abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno. Si è detto, in particolare, che in questa materia occorre “distinguere fra l’omissione di condotte che, se tenute, sarebbero valse ad evitare l’evento dannoso, dall’omissione di condotte che, viceversa, avrebbero prodotto un vantaggio. In entrambi casi possono ricorrere gli estremi per la responsabilità civile, ma nella prima ipotesi l’evento dannoso si è effettivamente verificato, quale conseguenza dell’omissione; nell’altra, il danno (che, se patrimoniale, sarebbe da lucro cessante) deve costituire oggetto di un accertamento prognostico, dato che il vantaggio patrimoniale che il danneggiato avrebbe tratto dalla condotta altrui, che invece è stata omessa, non si è realmente verificato e non può essere empiricamente accertato” (cfr. Cass. Civ n. 25112/17; Cass. Civ. n. 10320/18)
Il caso, oggetto della sentenza della Corte di Cassazione dd. 11 novembre 2024 n. 28903, rientra nella seconda delle due ipotesi ora tratteggiate, perché si discute di un ricorso per cassazione che l’avvocato promuoveva a favore della propria cliente e dichiarato inammissibile per difetto di procura speciale, riguardo al quale non è ovviamente possibile stabilire con certezza quale esito avrebbe avuto.
La Corte rileva che: “la questione giuridica sottesa all’odierno ricorso non è priva di complessità, posto che in proposito potrebbe sussistere – anche se solo in apparenza, come si vedrà – un contrasto all’interno della giurisprudenza di legittimità; che è poi l’effettiva ragione per la quale si è ritenuto di fissare in pubblica udienza la decisione di un ricorso che era originariamente destinato alla trattazione col rito camerale. Giova ricordare che l’ormai non più recente sentenza 13 febbraio 2014, n. 55, affermò che “nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la motivazione del giudice di merito in ordine alla valutazione prognostica circa il probabile esito dell’azione giudiziale che è stata malamente intrapresa o proseguita è una valutazione in diritto, fondata su di una previsione probabilistica di contenuto tecnico giuridico. Ma nel giudizio di cassazione tale valutazione, ancorché in diritto, assume i connotati di un giudizio di merito, il che esclude che questa Corte possa essere chiamata a controllarne l’esattezza in termini giuridici”. Rispetto a questa sentenza si è posta, in motivato e consapevole dissenso, la suindicata ordinanza n. 10320 del 2018, la quale ha viceversa affermato che la valutazione compiuta dal giudice di merito in ordine al possibile effetto favorevole, per l’assistito, dell’attività omessa dall’avvocato, possa essere sindacata qualora in essa si ravvisi un errore di sussunzione; ciò perché in quel caso “l’accertamento demandato al Tribunale riguardava una questione di puro diritto“.
La giurisprudenza più recente ha dato continuità, in modo che può definirsi compatto, alla prima opzione (cfr. Cass. Civ. 14 novembre 2022 n. 33466; Cass. Civ. 27 luglio 2024 n. 21045). Ritiene il Collegio che: “non sia ravvisabile, in materia, un contrasto. Ed infatti, va ribadito l’orientamento maggioritario in base al quale la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito è una valutazione che attiene al merito di quel giudizio e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità, essenzialmente perché è un giudizio che ha ad oggetto il nesso di causalità tra l’attività omessa e il possibile esito favorevole che sarebbe potuto derivare al cliente. Non si può tuttavia escludere -dando continuità anche all’insegnamento contenuto nell’ordinanza n. 10320 del 2018 – che, quando la valutazione giuridica compiuta dal giudice di merito nello svolgimento del giudizio c.d. controfattuale si fonda su un presupposto manifestamente e totalmente errato, simile errore non potrà essere ignorato. Spieghiamo quest’affermazione con un esempio che è volutamente assurdo, ma che può essere illuminante. Ammettiamo che l’avvocato abbia proposto ricorso per cassazione ma che -proprio come nel caso odierno – abbia omesso di farsi firmare la procura speciale, per cui il ricorso venga dichiarato, ovviamente, inammissibile. Se il giudice di merito, chiamato a valutare la responsabilità del professionista per tale omissione, affermasse che essa non sussiste perché il ricorso – ove pure fosse stato corredato di procura speciale – sarebbe stato condannato all’inammissibilità per tardività, essendo stato proposto dieci giorni dopo il deposito della sentenza di merito (termine palesemente errato), si tratterebbe di una conclusione talmente assurda e non conforme a diritto che non potrebbe essere ignorata. In altri termini, come l’ordinanza n. 10320 del 2018 ha affermato, se la questione posta al giudice di merito è di puro diritto, l’errore di sussunzione potrà e dovrà essere considerato anche nel giudizio di cassazione, pur rimanendo la valutazione giuridica del giudice di merito tendenzialmente estranea al perimetro del giudizio di legittimità“