Il Giudice di merito risarciva il danno, derivante da cecità indotta alla nascita da un’errata prestazione medica, escludendo che il diritto si fosse prescritto , ritenendo che il termine fosse iniziato a decorrere solo quando il danneggiato era venuto a conoscenza che il danno non era congenito, ma procurato dalla condotta dei sanitari
La questione veniva portata avanti la Corte di Cassazione. Il ricorrente affermava che il danneggiato non poteva invocare la circostanza di aver avuto conoscenza del danno dopo molto tempo, in quanto tale allegazione è quella di un impedimento meramente materiale all’esercizio del diritto, come tale non idoneo ad interrompere la prescrizione. Sosteneva inoltre che, in ogni caso, il termine di prescrizione decorre da quando si poteva avere conoscenza del danno usando l’ordinaria diligenza, e dunque da molto prima di quando aveva agito, poiché i suoi genitori sin dall’inizio avevano cominciato a consultare medici sulla occorsa cecità.
Con la sentenza del 13 novembre 2024 n. n.29328 il motivo viene considerato infondato.
La Corte infatti rileva che: “il fatto di invocare una determinata data come quella in cui si è avuta conoscenza del danno, non significa invocare la fine di un impedimento giuridico all’esercizio dell’azione, ma significa indicare un preciso dies a quo, ossia significa dire che prima di quel momento non si è avuta conoscenza della rilevanza del danno, ossia di un danno risarcibile. Ciò detto, la regola per la quale il termine di prescrizione decorre da quando il danneggiato ha avuto o avrebbe potuto avere conoscenza della ingiustizia del danno, ossia del fatto che esso si è prodotto e che va attribuito a taluno (Cass. 1263/ 2012) non cambia a seconda del titolo di responsabilità, se contrattuale o extra, vale ossia anche in caso di responsabilità contrattuale (per una ipotesi Cass. 2066/ 2023). Né può dirsi che i genitori avrebbero potuto accorgersi prima di tale rilevanza del danno, posto che, più volte, hanno portato il figlio a visite mediche, dal momento che la conoscenza della causa del danno, ossia del fatto che poteva essere riconducibile ad una responsabilità umana solo il medico poteva fornirla, e non poteva di certo acquisirsi usando ordinaria diligenza. Ed infatti essi hanno agito dopo che uno dei medici consultati li ha resi edotti della probabile causa del danno“.
Si afferma infatti, in sintonia con la giurisprudenza di legittimità, che: “la prescrizione decorre da quando il danno è percepito come ingiusto, ossia come un danno riferibile ad una condotta di terzi; ovviamente non basta che il danneggiato sappia di aver subito un pregiudizio: per potere agire in giudizio occorre avere idea del fatto che il danno è imputabile a qualcuno e quale ne sia la causa, non sapere semplicemente che è occorso“. Di conseguenza: “non basta sapere che si è prodotto un danno, sia pure irrimediabile, ma occorre avere consapevolezza delle cause di esso, ed in particolare della circostanza che il danno è imputabile a qualche condotta umana, della quale chiedere conto in giudizio“.