Il danneggiato ricorreva in cassazione, lamentando la mancata condanna della compagnia (in ambito rca) in ordine al ritardo (durato ben 18 anni) nel pagamento del risarcimento. L’impresa si si difendeva ritenendo il ritardo non ingiustificato ma basato su una valida tesi giuridica, rilevatasi poi erronea solo al termine del giudizio.
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 20 novembre 2024 n. 29936, cassa la decisione (rinviandola alla Corte d’Appello di Caltanissetta), formulando i seguenti princìpi di diritto:
“(a) l’assicuratore della r.c.a. è in mora ex re una volta spirato il termine per formulare la proposta di risarcimento, di cui all’art. 148 cod. ass.
(b) La mora dell’assicuratore non è esclusa dalla pendenza d’un giudizio a carico dell’assicurato, in quanto nella sua veste di imprenditore professionale l’assicuratore ha l’obbligo di attivarsi, con la diligenza rafforzata di cui all’art. 1176, comma secondo, c.c., per accertare autonomamente la fondatezza della pretesa del danneggiato.
(c) Tiene una condotta colposa l’assicuratore della r.c.a. che ritardi il pagamento del risarcimento al terzo danneggiato, motivando il rifiuto con argomenti contrastanti con princìpi di diritto consolidati nella giurisprudenza di legittimità“.
E’ noto che l’assicuratore della r.c.a. è debitore in via diretta d’una obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato, nascente dalla legge (art. 144 C.d.A.). Questa obbligazione va adempiuta nel termine stabilito dalla legge, che nel caso di morte o lesioni personali causate da persona assicurata da una impresa assicuratrice è di 90 giorni decorrenti da quello in cui la vittima ha richiesto per iscritto il risarcimento (art. 148 cod. ass.). Superato questo termine legale di adempimento anche l’assicuratore della r.c.a. – come qualsiasi altro debitore inadempiente – va incontro agli effetti della mora, a meno che non dimostri che il ritardo sia dovuto a causa a lui non imputabile, ex art. 1218 c.c. (cfr. Cass. Civ. 17 marzo 2022 n. 8676; Cass. Civ. 8 novembre 2019 n. 28811; Cass. Civ. 18 gennaio 2011 n. 1083).
La Corte rileva che: “il fatto stesso che la legge conceda 90 giorni all’assicuratore per determinarsi in ordine al risarcimento da corrispondere al danneggiato è sintomatico della tipizzazione del tempo considerato necessario perché siano compiuti gli accertamenti del caso (Sez. 3, Sentenza n. 1083 del 18/01/2011). Ciò vuol dire che il legislatore, con valutazione ex ante, ha ritenuto che tre mesi sono di norma sufficienti a chi esercita un’impresa di assicurazioni per accertare le responsabilità, stimare il danno e risarcire la vittima. Se quel termine viene superato, diventa onere dell’assicuratore vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 1218 c.c., dal momento che alle obbligazioni nascenti dalla legge s’applica la disciplina dettata per le obbligazioni in generale (ex multis, Sez. L, Sentenza n. 3020 del 27/03/1987).
La presunzione di cui all’art. 1218 c.c. può essere vinta dal debitore dimostrando la causa non imputabile, e cioè – secondo la costante interpretazione di tale norma adottata da questa Corte – l’assenza di colpa (ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 12477 del 26/08/2002, Rv. 557067 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11717 del 05/08/2002, Rv. 556670 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 7604 del 19/08/1996, Rv. 499224 – 01, e via risalendo sino a Sez. 3, Sentenza n. 860 del 04/05/1962, Rv. 251375 – 01). L’assenza di colpa va giudicata col criterio di cui all’art. 1176 c.c. e cioè valutando se il debitore abbia o non abbia tenuto una condotta conforme a quella che avrebbe tenuto, nelle medesime circostanze, un debitore di media diligenza.
L’assicuratore della r.c.a. non è un debitore qualsiasi è un debitore qualificato dalla veste professionale. Egli dunque deve adempiere le proprie obbligazioni non già con la diligenza esigibile da qualunque persona di media avvedutezza, ma con la exacta diligentia esigibile da chiunque eserciti professionalmente un’attività economica, ai sensi dell’art. 1176, comma secondo, c.c. L’art. 1176, comma secondo c.c., impone pertanto di considerare “negligente” l’assicuratore della r.c.a. che: a) ignori o trascuri di rispettare le norme di legge in base alle quali accertare la responsabilità del proprio assicurato; b) ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali individuare i danneggiati; c) ignori o trascuri di rispettare le norme giuridiche in base alle quali accertare e stimare il danno causato dal proprio assicurato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4668 del 14/02/2022, Rv. 664075 – 01, con ampia motivazione).
Ora escludere -come ha fatto la Corte di merito- che possa ritenersi colposo un ritardo nell’adempimento di ben 18 anni, sul presupposto che “trattandosi di vicenda sfociata in un complesso contenzioso civile, è alla definizione del detto giudizio (ovvero quando l’obbligo diventa certo) che occorre aver riguardo per l’accertamento di eventuali inadempimenti” dell’assicuratore, è decisione scorretta, almeno -secondo la Corte- sotto due aspetti.
“In primo luogo, l’obbligazione dell’assicuratore è una obbligazione di fonte legale; l’obbligazione di fonte legale sorge quando se ne verificano i presupposti (art. 1173 c.c.); il presupposto dell’obbligazione dell’assicuratore è la responsabilità dell’assicurato, e la responsabilità dell’assicurato sorge quando questi commette il fatto illecito, non quando l’illiceità è accertata in giudizio.
In secondo luogo, il giudizio nei confronti della Groupama iniziò nel 2008, e nel 2008 questa Corte da oltre dieci anni veniva ripetendo che l’assicuratore della r.c.a. risponde anche dei fatti dolosi commessi dal conducente (Sez. 3, Sentenza n. 8086 del 25/07/1995, Rv. 493414 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8719 del 09/08/1995, Rv. 493615 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4798 del 17/05/1999, Rv. 526344 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11471 del 21/06/2004, Rv. 573764 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12304 del 10/06/2005, Rv. 582435 – 01).
La Corte d’Appello è dunque incorsa nel duplice errore sia di addossare alla parte vittoriosa gli effetti della durata del processo; sia di reputare incolpevole una condotta dell’assicuratore consistita nell’ignorare un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, e cioè proprio quella condotta che, piuttosto, avrebbe dovuto radicare un giudizio di colpa (grave) (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4668 del 14/02/2022, cit.)“.