La Corte di Cassazione, con la sentenza del 20 novembre 2024 n. 29896, ritorna riflettere sulla responsabilità speciale di cui all’art. 2051 c.c., precisando i contenuti della medesima.
La causa traeva origina da un sinistro stradale, verificatosi in ora notturna, nel quale una vettura era finita in una profonda buca esistente sul manto stradale, non segnalata e colma d’acqua. A causa dell’impatto si era lacerato uno pneumatico della vettura, che era finita nella scarpata sottostante. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda di risarcimento e condannava la Provincia al risarcimento dei danni.Il Tribunale di Avellino accoglieva invece l’appello e, in riforma della precedente decisione, ha rigettato la domanda risarcitoria.
La Corte rammenta di aver stabilito (con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483): “che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. Questi principi, ai quali la giurisprudenza successiva si è più volte uniformata (v., tra le altre, le ordinanze 29 gennaio 2019, n. 2345, 3 aprile 2019, n. 9315, e 27 agosto 2020, n. 17873), hanno ottenuto l’autorevole avallo delle Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza 30 giugno 2022, n. 20943, dopo aver diacronicamente ripercorso le tappe segnate (talvolta in modo dissonante) dalla giurisprudenza di questa Terza Sezione, hanno ribadito che “la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode.
All’affermazione di tale principio, di carattere generale (punto 9 della decisione), le Sezioni Unite hanno poi fatto seguire ulteriori, altrettanto generali precisazioni, così sintetizzabili (punti 8.4. e ss. della sentenza 20943/2022): a) “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”; b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”; c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”; d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.”; e) “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale“.
La successiva e più recente giurisprudenza di questa Sezione, armonizzando le proprie precedenti decisioni con le indicazioni della sentenza delle Sezioni Unite ora citata, ha emesso una serie di pronunce con le quali ha fatto propri tutti quegli insegnamenti ed ha assunto, in materia, un orientamento che può definirsi ormai consolidato (v., tra le altre, le sentenze 27 aprile 2023, n. 11152, 25 maggio 2023, n. 14526, e l’ordinanza 29 settembre 2023, n. 27648; nonché la sentenza 24 gennaio 2024, n. 2376, e l’ordinanza 9 maggio 2024, n. 12663).
È stato parimenti affermato che in materia di responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicché, ove si lamenti un danno derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell’utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un’adeguata barriera avrebbe potuto opporre all’urto da parte del mezzo (ordinanza 20 novembre 2020, n. 26527)“.
La Corte ritiene che la sentenza impugnata non abbia fatto buon governo di questi principi, ai quali va data ulteriore continuità. Il Tribunale, infatti, ha rigettato la domanda risarcitoria sulla base dell’affermazione secondo cui, data l’ora notturna nella quale il sinistro si era verificato e data la deposizione dell’unico teste – il cui contenuto non è stato neppure analizzato – l’evento dannoso era da ricondurre integralmente a responsabilità del conducente. Peroò rileva che: “la sentenza ha affermato che la responsabilità della Provincia non poteva discendere soltanto dal titolo proprietario della stessa nei confronti della strada (senza spiegarne il perché); non ha indicato da quali elementi si potesse desumere la velocità non consona dell’automobilista (v. l’ordinanza 19 dicembre 2022, n. 37059); ha dimostrato di non tenere in considerazione la circostanza, che non pare essere stata messa in discussione, secondo cui la buca aveva determinato lo scoppio dello pneumatico (evento al quale consegue, di norma, la perdita di controllo del mezzo); ha affermato, con una frase sibillina, che la buca aveva compiuto la funzione di “trampolino di lancio”; non ha illustrato perché non si dovesse riconoscere a carico della Provincia almeno una percentuale di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.; la motivazione, pertanto, risulta soltanto apparente, perché non consente in effetti di capire attraverso quale percorso logico il Tribunale sia pervenuto alla sua decisione“