La Corte di Cassazione, con la sentenza del 19 novembre 2024 n. 29815, ribadisce la differenza (e l’autonomia) delle ripercussione lavorative delle lesioni in ambito patrimoniale ed in quello non patrimoniale (https://studiolegalepalisi.com/2024/07/30/la-perdita-della-capacita-lavorativa-specifica-in-caso-di-macrolesioni/).
In particolare afferma che: “il danno da lesione della capacità lavorativa generica, risolvendosi in una menomazione dell’integrità psico-fisica dell’individuo, è risarcibile in seno alla complessiva liquidazione del danno biologico. Ma tale principio vale in relazione a percentuali di invalidità permanente basse o, comunque, contenute, rispetto alle quali si deve stabilire se vi sia una lesione della capacità lavorativa specifica; una volta che si superano tali soglie, è palese che quel danno alla salute porterà certamente anche un danno patrimoniale, perché la vittima sarà menomata, in tutto o in parte, nella sua capacità di lavoro e di conseguente produzione di un reddito (v., tra le altre, le ordinanze 12 giugno 2023, n. 16628, e 20 dicembre 2023, n. 35663)“. Ovviamente non è d’intralcio che la vittima per la sua età non abbia avuto il tempo di manifestare alcun orientamento di vita o una propensione per l’una o l’altra attività di lavoro manuale o intellettuale. Ed invero i giudici di legittimità affermano che: “poiché siamo in presenza di una neonata che non avrà, in futuro, alcuna possibilità di svolgere un lavoro, la Corte d’Appello si è attenuta, correttamente, al criterio di computo fondato sul triplo della pensione sociale, con relativa capitalizzazione. Il tutto muovendo dalla premessa – che inutilmente il motivo in esame tenta di contestare – secondo cui una lesione come quella qui in esame (92,5 per cento) esige necessariamente un autonomo risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla totale incapacità di lavorare conseguente al fatto dannoso; danno che non può considerarsi risarcito solo grazie al risarcimento del danno biologico“