La questione posta all’attenzione della Corte di Cassazione riguarda la liquidazione del danno biologico per il caso di premorienza, per cause non legate alle lesioni subite. Il danneggiato era morto durante il procedimento di appello, così che il danno biologico era stato liquidato non sulla base dell’aspettativa di vita, ma dell’effettivo vissuto. Per operare tale liquidazione il giudice di appello aveva utilizzato le tabelle milanesi, che, per il caso di premorienza, prevedono un valore decrescente di risarcimento, sul presupposto che l’invalidità permanente incide in maniera maggiore all’inizio, e minore alla fine.
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 26 novembre 2024 n. 30461 accoglie il ricorso, definendo illogico tale criterio, propendendo per una liquidazione proporzionale e non già decrescente.
La Corte rammenta infatti che è principio di diritto che “qualora la vittima di un danno alla salute sia deceduta, prima della conclusione del giudizio, per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell’illecito, l’ammontare del risarcimento spettante agli eredi del defunto “iure successionis” va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non a quella statisticamente probabile, sicché tale danno va liquidato in base al criterio della proporzionalità, cioè assumendo come punto di partenza il risarcimento spettante, a parità di età e di percentuale di invalidità permanente, alla persona offesa che sia rimasta in vita fino al termine del giudizio e diminuendo quella somma in proporzione agli anni di vita residua effettivamente vissuti‘(Cass. 41933/ 2021; Cass. 15112/ 2024)“. A fronte di ciò: “la liquidazione del danno biologico, tenuto conto della premorienza del danneggiato, va dunque effettuata proporzionalmente e non già assegnando un maggior valore alla invalidità iniziale ed uno minore a quelle finale, ossia prossima al decesso“.
Nella medesima sentenza ,la Corte rileva poi che, nelle relative tabelle milanesi attinente alla premorienza, non è compresa la voce della invalidità temporanea, che quindi deve essere risarcita autonomamente, trattandosi “di due voci di danno diverse; aver liquidato la premorienza non significa aver liquidato il danno da invalidità temporanea. Dalla decisione impugnata emerge che, dopo il decesso del danneggiato, la Corte di Appello ha provveduto a liquidare il danno biologico per il caso di premorienza, che però, attenendosi alle tabelle, non include quello da invalidità temporanea né tale voce può ritenersi inclusa sulla base del passo sopra riportato, che evidentemente non menziona il danno da invalidità temporanea, né può implicitamente quel danno ritenersi incluso a cagione della formula omnicomprensiva con cui il danno biologico è definito, posto che quel criterio tabellare liquida il danno da premorienza, cioè quello permanente che, data la morte, viene ovviamente a cessare, e che va liquidato sull’effettivo periodo vissuto e cioè sulla effettiva durata della malattia, ossia della invalidità permanente. Resta dunque escluso il danno da invalidità temporanea, che va liquidato a parte“