La Corte di Cassazione, con la sentenza del 2 dicembre 2024 n.30860, ha ribadito (https://studiolegalepalisi.com/2024/07/02/il-giudice-non-e-rigidamente-vincolato-alle-iniziali-prospettazioni-dellattore-in-tema-di-responsabilita-medica/) che: “nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore del sanitario sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l’errore sia consistito nell’inadeguata assistenza postoperatoria, dovendosi considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine, nella sua essenzialità materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente indicate dall’attore, possano avere portata preclusiva, stante l’inesigibilità dell’individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di una c.t.u. (Cass. n. 10901 del 2024: in applicazione del principio, la Corte, in una fattispecie di decesso di un paziente dovuto a shock settico conseguito ad una lesione intestinale, ha rigettato i motivi di ricorso con cui si censurava la sentenza d’appello per aver basato il giudizio di responsabilità su un fatto diverso, sia rispetto a quello posto a fondamento della condanna in primo grado – diversamente individuando l’errore di esecuzione dell’intervento, nonostante la mancanza di appello incidentale sul punto – sia riguardo a quello dedotto con l’atto di citazione, individuando ulteriori profili di responsabilità nella mancata applicazione di drenaggi, dedotta da parte attrice solo in comparsa conclusionale, e nell’omessa vigilanza post-operatoria, rilevata solo con l’appello incidentale). Trattasi di orientamento costante della giurisprudenza recente di questa Corte (così anche n. 7074 del 2024 – relativa alla responsabilità per la tardiva esecuzione del parto cesareo, che aveva determinato la morte di una neonata venuta alla luce in condizioni di grave insufficienza respiratoria, ed in cui è stato escluso che la deduzione, negli atti conclusionali, di fatti di inadempimento emersi all’esito della c.t.u. – quali il malfunzionamento dell’apparecchio cardiotocografico e l’omessa aspirazione del meconio dopo la nascita – integrasse un mutamento del titolo della domanda rispetto all’iniziale allegazione della colpa dei sanitari nei termini di omessa effettuazione dei dovuti controlli nella fase antecedente al parto -, e già prima Cass. n. 6850 del 2018)“.
La “tardiva rianimazione” non è dunque un fatto costitutivo diverso da quello allegato nella domanda, e che sarebbe stato solo tardivamente introdotto nel giudizio, ma è un profilo della responsabilità sanitaria originariamente dedotta in giudizio e concernente il complessivo trattamento sanitario del paziente, una volta fatto ingresso nel Pronto Soccorso della struttura ospedaliera. Il giudice del merito dovrà pertanto valutare sia l’effettiva sussistenza, che la portata eziologica rispetto all’evento dannoso, della dedotta circostanza del ritardo nelle cure rianimatorie.