Con la recente approvazione della Tabella Unica Nazionale (TUN) continuano a giungere (proveniente dal versante assicurativo) segni di grassa soddisfazione per il raggiungimento finalmente dell’uniformità dei risarcimenti. Ma è un’affermazione falsa. Tale risultato era stato già egregiamente e da tempo (almeno dal 2011) ottenuto dall’opera meritoria della giurisprudenza.
Ed invero come rammenta la recente sentenza della Corte di Cassazione del 12 dicembre 2024 n. 32068, che ha censurato la decisione della Corte di Appello di Venezia per essersi discostata dalla dall’elaborazione giurisprudenziale della Corte, finalizzata : “al fine di garantire uniformità di trattamento con riferimento al criterio di liquidazione“, ed aver ignorato “i parametri delle Tabelle predisposte dal Tribunale di Milano” da “prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno ovvero quale criterio di riscontro e verifica della liquidazione diversa alla quale si sia pervenuti“.
Allora quale il vero fine della TUN? Scomporre un sistema risarcitorio rodato e giusto, che ricomprendeva tutti gli aspetti del danno non patrimoniale (biologico, morale, riverberi dinamici) al fine di riprovare a contestare, al momento della liquidazione, la loro ricomposizione. E di nuovo verrano tratte dai cassetti le tesi negazionistiche del danno morale o la pretesa omnicompresività del danno biologico. Ovviamente il gioco potrà sostenersi in fase giudiziale o per qualche tempo. Ma sufficiente a far risparmiare le compagnie. Occorrerà che gli operatori seri e preparati (avvocati, medici e giudici) indichino il corretto utilizzo del nuovo sistema.