La Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 dicembre 2024 n. 31684, ribadisce la profonda differenza tra la lesione alla cenestesi lavorativa (di natura non patrimoniale) e quella alla capacità lavorativa (di carattere patrimoniale).
Afferma infatti che: “secondo l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (tra le altre: Cass. n. 17411/2019; Cass. n. 17931/2019; Cass. n. 12605/2023; Cass. n. 16628/2023), il c.d. danno da cenestesi lavorativa, che si concretizza nel danno da perdita della capacità lavorativa generica, si qualifica come danno non patrimoniale, assorbito in particolare dalla voce del danno biologico. Tuttavia, la nozione di danno da cenestesi lavorativa, di matrice giurisprudenziale e alla quale tale orientamento fa riferimento, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà fronteggiate nello svolgimento dell’attività lavorativa che si risolvono in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo, non incidendo, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa (Cass. n. 16628/2023, citata).
Esso si distingue dal danno da perdita della capacità lavorativa specifica, che invece si configura come danno produrre reddito, in base alle proprie attitudini lavorative patrimoniale in quanto incidente sulla capacità del danneggiato di specifiche, compromesse dall’illecito subito. Nel caso di minore – e, dunque, di soggetto che non abbia ancora intrapreso attività lavorativa – il risarcimento di tale danno andrà calcolato, di norma, sulla base di una previsione della sua futura attività lavorativa, da compiersi tenendo conto degli studi effettuati e delle sue inclinazioni, nonché della posizione economico-sociale della famiglia di appartenenza (tra le tante, già Cass. n. 10074/2010)“.
Nella sentenza si rammenta inoltre che: “la giurisprudenza di questa Corte ha, altresì, precisato che la presenza di postumi macropermanenti non consente di desumere automaticamente, in via presuntiva, la diminuzione della capacità di produrre reddito della vittima (tra le altre, Cass. n. 12605/2023, in caso di invalidità permanente al 50%). Tuttavia, si è ritenuto – con affermazione che il Collegio condivide e alla quale intende dare continuità – che il danno da definitiva e totale perdita della capacità di lavoro conseguente ad errata prestazione sanitaria, a carico di soggetto che non è mai stato percettore di reddito, va risarcito a titolo di danno patrimoniale futuro, pur non potendosi fare riferimento alla capacità di lavoro specifica, e non (soltanto) a titolo di danno biologico e può essere liquidato, in assenza di un ragionevole parametro di riferimento, con il criterio, residuale, del triplo della pensione sociale (Cass. n. 16844/2023, citata). È, difatti, “evidente, invece, che in presenza di un soggetto che è divenuto invalido al 100 per cento fin dalla nascita a causa di una malpractice sanitaria (analogamente nel caso di specie, là dove l’invalidità è al 95% e la Corte territoriale ha precisato che “non potrà mai svolgere alcuna attività lavorativa”: p. 17 della sentenza di appello) … ogni discussione circa la distinzione tra capacità lavorativa generica e specifica e sulla possibile ricomprensione del danno patrimoniale in quello biologico è del tutto fuor di luogo” (così la citata Cass. n. 16844/2023). Sicché, non è dato dubitare che il risarcimento del danno patrimoniale futuro spetti al soggetto al quale, in conseguenza dell’illecito, sia stato inibito l’accesso al lavoro sin dalla nascita e, con ciò, la possibilità stessa di percepire un reddito remunerativo dallo svolgimento della relativa attività (in termini si veda anche la citata Cass. n. 26118/21)” (https://studiolegalepalisi.com/2023/08/27/perdita-della-capacita-lavorativa-specifica-nel-minore/).
Viene dunque specificato il seguente principio di diritto:”il danno da definitiva e totale perdita della capacità di lavoro, conseguente ad illecito, sofferto da soggetto (come un neonato) che non è mai stato percettore di reddito, va risarcito non soltanto a titolo di danno biologico, ma anche a titolo di danno patrimoniale futuro, pur non potendosi fare riferimento alla capacità di lavoro specifica, e può essere liquidato, in assenza di un ragionevole parametro di riferimento, con il criterio, residuale, del triplo della pensione sociale“.