Confermato il diritto al risarcimento, a favore del trasportato, anche se proprietario del veicolo

studio legale palisi padova risarcimento

Il Tribunale di Cassino rigettava le richieste, formulate dalle figlie, per la morte della propria madre, trasportata sull’autoveicolo di sua proprietà, priva di copertura assicurativa, sul rilievo che pur agendo “iure proprio”, sarebbero state soggette alla restituzione di quanto eventualmente incassato, in forza dell’azione di regresso spettante alla compagnia (Generali), mandataria del Fondo, a norma dell’art. 283, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, in ragione della condotta della loro dante causa.

La Corte di Appello accoglieva invece la domanda, in considerazione della limitazione della pretesa risarcitoria al ristoro del danno subito “iure proprio”, ritenendo di dover fare applicazione del principio in forza del quale, secondo il diritto dell’Unione Europea, l’assicuratore non può esercitare l’azione di regresso nei confronti dell’assicurato proprietario del veicolo ove egli sia anche passeggero-vittima del sinistro, allorché il veicolo risulti condotto da persona non abilitata alla guida o in stato di ebbrezza, fatto salvo, però, il caso in cui l’assicurato sia a conoscenza della circostanza che il mezzo fosse stato rubato. Irrilevante riteneva il principio secondo cui la consapevolezza del carattere illegale della circolazione esclude il risarcimento del danno subìto dal proprietario che viaggi come trasportato sul suo mezzo, giacché operante solo nel caso in cui la richiesta risarcitoria sia avanzata dal terzo trasportato e non pure, come nell’ipotesi che occupa, dai suoi eredi, allorché costoro facciano valere, “iure proprio”, il danno da perdita del rapporto parentale.

Impugnata la sentenza da parte dell’assicurazione Generali, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 16 dicembre 2024 n. 32720, ha confermato la sentenza emessa all’esito del giudizio di appello, rilevando che: “la Corte capitolina ha correttamente applicato le norme contenute nelle Direttive del Consiglio concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli (in particolare, la Direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, n. 84/5/CEE, e la Direttiva del Consiglio 14 maggio 1990, n. 90/232/CEE, entrambe successivamente trasfuse e riordinate nella Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 settembre 2009, n. 2009/103/CE), nell’interpretazione datane dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, segnatamente, con la sentenza 30 giugno 2005, in C-537/03, Candolin, e poi con le sentenze 1° dicembre 2011, in C-442/10, Churchill Insurance Company; 28 marzo 1996, in C-129/94, Ruiz Bernaldez; 17 marzo 2011, in C-484/09, Carvalho Ferreira Santos. In particolare, come affermato dalla prima delle testé citate pronunce (sentenza 30 giugno 2005, in C-537/03, Candolin), l’obiettivo della normativa comunitaria suddetta “consiste nel garantire che l’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato da un veicolo” – senza, dunque, distinzioni di sorta – “di essere risarciti dei danni subiti”, di talché le norme interne dei singoli Stati “non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile”, ciò che si verificherebbe se una normativa nazionale “negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno”, essendo, in particolare, “irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario del veicolo, il conducente del quale abbia causato l’incidente”, atteso che la finalità di tutela delle vittime impone “che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente“.

Successivamente, con la sentenza 1° dicembre 2011, in C-442/10, Churchill Insurance Company, la Corte di Giustizia dell’Unione europea – nello stabilire se osti, o meno, al il diritto dell’Unione una normativa nazionale avente l’effetto di escludere in modo automatico dal beneficio dell’assicurazione la vittima di un incidente stradale la quale, avendo preso posto come passeggero nel veicolo per la cui guida era assicurata, avesse dato il permesso di guidarlo ad un conducente non assicurato – ha ribadito la necessità che “la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente”. A tale esito è pervenuta evidenziando che l’unica distinzione ammessa dalla normativa dell’Unione in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli è quella tra conducente e passeggero, nel senso che, escluso il conducente, tutti i passeggeri, anche quando siano proprietari del veicolo, devono avere una copertura assicurativa, sicché “la persona che era assicurata per la guida del veicolo, ma che era anche passeggero di tale veicolo al momento dell’incidente, si trova in una situazione giuridica assimilabile a quella di qualsivoglia altro passeggero e va dunque posta sullo stesso piano dei terzi vittime dell’incidente“.

Inoltre, sempre secondo la citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (come sottolineato anche da questa Corte; cfr., in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 19 gennaio 2018 n. 1269, Rv. 647359-01; ma analogamente, sempre in motivazione, pure Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13738, Rv. 658380-01), il diritto dell’Unione osta alla possibilità che l’assicuratore della responsabilità civile per la guida di autoveicoli si avvalga di “disposizioni legali” – ipotesi che è quella che rileva nel presente caso – “o di clausole contrattuali allo scopo di negare a detti terzi il risarcimento del danno conseguente ad un sinistro causato dal veicolo assicurato” (in tal senso già Corte di Giustizia sentenze 28 marzo 1996, in C-129/94, Ruiz Bernàldez, nonché 17 marzo 2011, in C-484/09, Carvalho Ferreira Santos). Di talché tra tali previsioni, legali o pattizie, “rientrano quelle che escludono la copertura assicurativa a causa dell’utilizzo o della guida del veicolo assicurato da parte di persone non autorizzate a guidarlo o non titolari di una patente di guida, oppure di persone che non si sono conformate agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni e la sicurezza del veicolo”, mentre “l‘unica eccezionale ipotesi in cui all’assicuratore è consentito opporre alla vittima che viaggiava sul veicolo la clausola che escluda la copertura assicurativa a causa della guida da parte di persona non autorizzata è quella in cui venga data la prova che la vittima stessa era a conoscenza del fatto che il veicolo aveva formato oggetto di furto” (così, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 1269 del 2018, cit., Cass. Sez. 6-3, ord. n. 13738 del 2020, cit.).

Tali principi sono stati recepiti pure dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui: ” “le disposizioni contenute nelle Direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE “ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subìto, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli”, ritenendo anch’essa “irrilevante” la circostanza che “il passeggero interessato sia proprietario del veicolo”. Esito che è completato dal rilievo – decisivo, ai fini che qui interessano – che “la prevalenza della qualità di vittima-avente diritto al risarcimento sulla qualità di assicurato-responsabile rileva anche in relazione alla legittimazione passiva all’azione di regresso, eventualmente attribuita dalle disposizioni nazionali alla compagnia assicurativa, in funzione di consentirle di ottenere dall’assicurato il rimborso di quanto eventualmente pagato alla vittima a titolo di risarcimento”, giacché “altrimenti gli verrebbe tolto per effetto del regresso quanto da lui conseguito per effetto del risarcimento” (cfr., nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 1269 del 2018, cit.).

La medesima esigenza (non togliere con il regresso quanto conseguibile “in via di risarcimento”) la Corte ritiene di rinvenirla in maniera identica: “anzi, a maggior ragione, non essendo a costoro addebitabile alcuna condotta non commendevole, a differenza di quella ascrivibile al proprietario, che viaggi quale trasportato su veicolo privo di copertura assicurativa, per essere falso il relativo contrassegno, rispetto a quei soggetti che assommano – in quanto eredi dell’assicurato “responsabile” – la qualità di titolari di un credito risarcitorio “iure proprio”, da perdita del rapporto parentale, e di potenziali obbligati alla restituzione del credito azionato/eccepito dall’assicuratore in via di regresso. D’altra parte, che il principio “vulneratus ante omnia reficiendus” non possa soffrire eccezione neppure in caso di circolazione del veicolo realizzata in carenza di copertura assicurativa è confermato dalla circostanza che, secondo questa Corte, “l’unica eccezione al principio sopra menzionato opera quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell’incidente, è a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 6 aprile 2022, n. 11246, Rv. 66451102).

Non può essere chiamata a contrastare tale principio quanto affermato da Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Camera, sentenza 4 settembre 2018, in C-80/17, Fundo de Garantia Automóvel. Il Collegio infatti precisa che: “la Corte di Lussemburgo era stata chiamata a pronunciarsi – in relazione alla pretese che possono essere fatte valere, secondo le singole legislazioni nazionali, da quello che la medesima normativa unionale definisce come “organismo incaricato di risarcire, almeno entro i limiti dell’obbligo di assicurazione, i danni alle cose o alle persone causati da un veicolo non identificato o per il quale non vi è stato adempimento dell’obbligo di assicurazione” (nozione alla quale, dunque, ben può ricondursi anche l’impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, prevista dalla legislazione italiana) -sulla corretta interpretazione dell’art. 1, par. 4, della Direttiva del Consiglio del 30 dicembre 1983, n. 84/5/CEE. Orbene, la sentenza suddetta ha affermato che detta previsione va interpretata nel senso di non ostare ad una normativa nazionale la quale preveda che “l’organismo contemplato in tale disposizione abbia diritto di proporre un’azione, oltre che contro il o i responsabili del sinistro, anche contro la persona che era soggetta all’obbligo di stipulare un’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione del veicolo che ha causato i danni risarciti da tale organismo, ma che non aveva stipulato alcun contratto a tal fine, quand’anche detta persona non sia civilmente responsabile dell’incidente nell’ambito del quale tali danni si sono verificati” (cfr., in particolare, il § 57). Tuttavia, ciò non toglie – secondo questa Corte – che il diritto riconosciuto agli organismi “de quibus”, di agire contro il soggetto che sia venuto meno all’obbligo di stipulare un’assicurazione della responsabilità civile, trovi, comunque, un limite nella necessità di osservare il principio “vulneratus ante omnia reficiendus”, così impedendo un uso di tale diritto che possa limitare le pretese risarcitorie relative ai danni subiti da qualsiasi terzo trasportato, ivi compreso, dunque, pure colui che risulti inadempiente rispetto a tale obbligo (o, come nella specie, i suoi eredi). Infatti, sin dalla già citata pronuncia con cui la Corte di Giustizia ha, per la prima volta, incluso lo stesso proprietario del veicolo tra i trasportati che hanno diritto al risarcimento del danno senza limitazioni legali o pattizie di sorta (diverse dalla conoscenza che il veicolo fosse stato rubato), si è affermata la necessità di una stretta interpretazione delle eccezioni a tale diritto. E ciò perché “qualunque altra interpretazione consentirebbe agli Stati membri di limitare il risarcimento dei terzi vittime di un incidente automobilistico a determinate circostanze, il che è proprio quanto le direttive intendono evitare” (così CGUE, sent. 30 giugno 2005, in C-537/03, Candolin, cit., in particolare § 22)

Condividi:

Altri Articoli

studio legale palisi padova responsabilità risarcimento

Un anno in cifre…

Nel 2024 abbiamo pubblicati 448 articoli. Più precisamente 155 in tema di responsabilità, 293 attinenti al

Compila il form per maggiori informazioni

Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

CONTATTACI

oppure chiama