La Corte di Cassazione, con la sentenza del 2 dicembre 2024 n. 30858, rammenta i principi enunciati nell’ambito della responsabilità medico-chirurgica ai fini della risarcibilità del danno inferto sia alla salute (per inadempiente esecuzione della prestazione sanitaria), sia al diritto all’autodeterminazione (per violazione degli obblighi informativi). Più nello specifico ricorda che sono state enucleate cinque distinte ipotesi (https://studiolegalepalisi.com/2024/09/29/lo-statuto-del-consenso-informato/):
I) se ricorrono a) il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso), b) il danno iatrogeno (l’intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti), c) la condotta inadempiente o colposa del medico, è risarcibile il solo danno alla salute del paziente, nella sua duplice componente relazionale e morale, conseguente alla non corretta esecuzione, inadempiente o colposa, della prestazione sanitaria;
II) se ricorrono a) il dissenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all’atto terapeutico), b) il danno iatrogeno (l’intervento ha determinato un peggioramento delle condizioni di salute preesistenti), c) la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria, è risarcibile sia, per intero, il danno, biologico e morale, da lesione del diritto alla salute, sia il danno da lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, cioè le conseguenze dannose, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, allegate e provate (anche per presunzioni);
III) se ricorrono sia il dissenso presunto, sia il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), è risarcibile la sola violazione del diritto all’autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute – da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – dev’essere valutata in relazione alla eventuale situazione “differenziale” tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto;
IV) se ricorre il consenso presunto (ossia può presumersi che, se correttamente informato, il paziente avrebbe comunque prestato il suo consenso) e non vi è alcun danno derivante dall’intervento, non è dovuto alcun risarcimento;
V) se ricorrono il consenso presunto e il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all’autodeterminazione è risarcibile qualora il paziente alleghi e provi che dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, diverse dal danno da lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente (Cass. Sez. 3, 12/06/2023 n. 16633).
A fronte del riportato inquadramento generale della fattispecie, la Corte osserva che: “il giudice di merito ha mostrato di aver delimitato correttamente il contenuto della domanda e, per l’altro verso, di aver deciso la questione di diritto, cui sono riferiti ciascuno dei profili di doglianza sopra sinteticamente riassunti in modo conforme alla giurisprudenza richiamata e neppure l’esame della memoria difensiva offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.Ed invero: “la Corte territoriale ha precisato che da parte del ricorrente non vi era stata alcuna allegazione né deduzione specifica che potesse consentire di estendere la domanda di risarcimento dei danni da violazione del consenso rispetto ad un evento diverso da quello specificatamente individuato e lamentato; al riguardo ha affermato testualmente: “quanto alla lesione del consenso informato, il tenore delle difese spiegate in primo grado nell’atto di citazione (…), è inequivocabile: Za.Gi. affermò l’inadempimento dei sanitari esclusivamente in quanto non lo avevano informato in ordine alle condizioni e alla provenienza del fegato da soggetto deceduto per intossicazione acuta da monossido di carbonio che il 19.12.2005 si era reso disponibile e che lo stesso giorno gli fu trapiantato e per non avergli spiegato i rischi connessi al trapianto di tale “organo già danneggiato” (v. sul punto atto di citazione in primo grado, p. 8). Nessuna diversa allegazione sul consenso fu formulata nella successiva memoria depositata nel termine ex art. 183 VI co. n. 1 c.p.c., talché successive e diverse allegazioni circa il difetto di informazione in generale sull’intervento di trapianto di fegato sono tardive ed inammissibili” (pag. 4 sentenza impugnata). Pertanto, la Corte d’Appello ha riformato la sentenza di prime cure che in violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. “aveva valutato la domanda di lesione del consenso informato esclusivamente con riguardo alle informazioni generali sull’intervento di trapianto di fegato contenute nei moduli scritti inseriti nella cartella clinica (…) senza che tali profili di inadempimento fossero stati ritualmente allegati e prospettati dall’attore nell’atto introduttivo e nella prima memoria ex art. 183 VI co. c.c. ” (pag. 4 della sentenza impugnata).